domenica, gennaio 15, 2017

891, Rivisto






Alice non aveva mai messo piede in un tribunale prima d’ora,
ma ne aveva letto nei libri, e scoprì compiaciuta di conoscere
il nome di quasi tutte le cose che erano lì.

CARROLL



Era sopravvissuta alla notte che sui giornali e nei libri di storia venne definita “la notte dei lunghi sospiri”. C'era stato un grande incendio doloso in un locale per omosessuali nella città vicina ed erano morti in settantadue. L’anno era stato buono, per il raccolto, per la pesca, per situazioni emozionali e per gli incassi. Signore mio, proteggimi. Oppure no. Fallo qualche volta, non per sempre. Dammi almeno una sola notte indesiderabile, infedele. Un'ultima sola notte, prima che finisca tutto. Un anno buono. Questo mondo di yage. Pescava a mani nude da quando aveva quattro anni. Metteva le mani nelle bocche dei pesci. Li faceva addentare e poi li teneva fuori dall'acqua fino a quando l'asfissia non fosse arrivata. Abitudini, presentimenti. Avvolgeva i pesci in abbondante carta di giornali. Li lasciava sul tavolo della cucina, osservandoli, aprendo una bottiglia di vino bianco alle undici di mattina. I numeri, le serate ai casinò, con i tavoli verdi e i cocktail annacquati. La tinta fatta in casa nel lavandino del bagno. Andare a letto alle sette di sabato sera, per avere la domenica libera e guidare attraverso il paese. Al magazzino aveva acquistato attrezzi disparati, materiali incomparabili. Viti. Una mazza buona a demolire un muro di cemento armato se usato nelle giusta maniera. Accendeva il televisore con un cesto di alette di pollo fritte vecchie del giorno prima. Salsa, delle facce con cui confrontarsi sul muro di fronte. La sua condizione e la sua età non le permettevano più di definirsi una bella donna. Lo era stata, per qualche anno, tutto qui. Era contenta di aver lavorato nel circo a sedici anni. Faceva l’assistente clown. Non le piaceva vedere gli animali in gabbia o peggio ancora esibiti. Questo non è civile, diceva. Voleva avere un contatto diretto con gli animali. O me o te. Scelse i pesci ed iniziò a predarli. Mani nude, poi osservarli sul tavolo della cucina. Spellarli, sfilettarli, anzi. Avvolgerli nella pastella. Friggerli. Servirli. Dopo che sarebbero stati mangiati, la gente avrebbe pagato. La gente. Le persone. Una sua espressione era: da palo a palo, da binario a binario. La strada per tornare a casa la vedeva tutte le notti. Alberi psicotici, segnaletiche al macero, passaggi a livello. Passando davanti alla chiesa, non guardava mai, ma li apostrofava: irrazionali. Andava a votare con riluttanza. Non seguiva una linea precisa di comportamento e anche se faceva sempre le stesse cose, interpretava la propria vita come un continuo aggiustamento infinitesimale, o solo un aggiustamento bello e buono. Tutto sarebbe sparito, con lei o senza di lei. Si fece un bagno. Interpretò le luci e i segni. Uscì per l’ultima volta dalla vasca. I tempi erano maturi.









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