mercoledì, agosto 30, 2023

Non è sangue, è rosso






Aveva iniziare a manifestare i primi sintomi
appena quindicenne
con piccoli atti di ruberia
le fu diagnosticato un disturbo specifico
che ha il nome di cleptomania
oltre ad un generale stato bipolare depressivo
le prescrissero una terapia farmacologica
per un periodo andò bene
a sedici anni iniziò a tormentare
gli uccelli e le api e le tartarughe al parco
e correva dietro alle bolle di sapone fatte dai clown
a diciassette oramai beveva il sabato sera
quello fu l'anno dell'anoressia
poi per il principio per cui
"non è sangue, è rosso"
Godard dixit
incontrò il morbido gusto dell'hashish
e quello pizzichevole della mariujana
entrambi molto distensivi
finché a diciannove non approdò
al porto bianco della benzoilmetilecgonina
che i più conoscono con la sillabe di co-ca-i-na
intraprese relazioni amorose turbolente
iniziò ad essere tormentata da pensieri sempre più ossessivi
l'insonnia divenne la regola
i sensi di colpa la terra su cui poggiava i piedi
compiva svariati atti di autolesionismo notturno
con piccole ferite inferte da lamette sull'interno delle cosce
o bruciature di sigarette spente sulle braccia e sui polsi
si metteva sul balcone sbilanciandosi
per sentire ed immaginare
la vertine della caduta nel vuoto
nel mentre aveva sviluppato un'attrazione
verso gli oggetti taglienti e il fuoco
le piaceva osservare la fiamma viva
persa in uno stato ipnotico di purificazione
tutti i giorni un ripetersi continuo
fino alla sera di maggio
aveva oramai ventotto anni
in cui non rispettò lo stop ad un passaggio a livello
e la parte anteriore della macchina
fu travolta dal treno in frenata
venne ricoverata in fin di vita
ed operata d'urgenza
stette in ospedale oltre un anno
con il corpo ingessato
la disintossicarono
ci volle tempo
subì diversi interventi
interventi chirurgici di ogni tipo
una volta uscita aveva ventinove anni e mezzo
e l'idea di approdare all'età dei trenta
la terrorizzava letteralmente
oltre che fisicamente
l'ultima volta che l'ho vista
stava subendo un trattamento sanitario obbligatorio
legata con lacci di cuoio ad un letto
rimasi dietro il vetro della porta della stanza
dormiva in stato di completa sedazione
le feci recapitare un mazzo di fiori
un lungo scritto ed una mia foto incorniciata
di uno scatto fatto a Baltimora
che ritraeva la tomba e la lapide di Edgar Allan Poe
forse potevo essere meno tragico
avrei dovuto prestare più attenzione
il giorno dopo mi chiamò dicendomi
che la foto era bellissima
e che appena si fosse sentita meglio
sarebbe voluta venire a con me Baltimora
per vedere con i suoi occhi
un luogo di pace e quiete così profonda.














martedì, agosto 29, 2023

Una giornata nella Cabina n.8




La cabina che aveva affittato per la stagione autunnale era distante dal Lago Ixchel solo qualche metro. Bastava aprire la porta d'entrata, chiuderla, scendere i gradini di legno della scala ad U e camminare per un tratto di terra boschivo poco scosceso, dirigersi verso la riva di sabbia asciutta che lambiva frammentariamente l'acqua. Non la prima volta, forse la quarta volta che si adoperò in questo preciso processo locomotorio, mise i piedi dentro il lago e fece sì che l'acqua le arrivasse fin sopra le ginocchia. Sentì dopo tanto tempo, un senso di perfetta e solitaria glaciazione, senso a cui associò mentalmente il concetto di frigiditas. Mentre elaborava questa sintesi definita e definitiva, un gruppo di ragazzi sulla spiaggia accese una radio portatile che emetteva al suo massimo volume un brano di Bob Seger & The Silver Bullets, "Old Time Rock'n'Roll". La cosa la disturbò per un attimo, ma quando il brano cambiò e riconobbe Black Betty dei Ram Jam, non potè fare a meno di iniziare a muoversi, e così smosse l'acqua intorno al suo corpo, che prese a scaldarsi ed a dimenarsi in una sfrenata frenesia fino all'acme orgiastico nel momento dell'assolo di chitarra di Bill Bartlett. La canzone era finita e si mise ad applaudire. "Grazie ragazzi, quella era la musica dei miei tempi". "Sì, è un canale di classic rock, signora", rispose uno dei ragazzi, mentre gli altri se ne stavano zitti ed un paio di ragazzine sghignazzavano entusiaste, persino divertite dalla performance a cui avevano appena assisto alle undici di mattina di una giornata soliva della prima metà di ottobre. Margaux Evangelista uscì dalle acque dell'Ixchel, lasciandosi alle spalle il Monte Vernon, un monolite imponente, con una base vasta e pianeggiante ricoperta da una vegetazione tendente ad una densa macchia di verde persiano o un verde veronese (dipendeva dalla rifrazione della luce e dalle stramberie che abitano e scuotono il cielo, l'aria, lo si sa, è sempre in predicato di un cambiamento radicale), comunque un determinato tipo di verde con la sua imprescindibile e naturale qualità, con la sua caratteristica incontrovertibile di essere verde; poi il monte si faceva più roccioso, dominando la catena Raiden, con la sua vetta irta rapita da una congestione di turbinose nuvole elettriche pronte a portare la prima neve, un evento che non sarebbe stato così tanto facile dimenticare. Alle due del pomeriggio, dopo quasi tre ore passate sulla poltrona del salotto della cabina, uno spazio vuoto ed isolato animato soltanto dal monotono tic-toc del pendolo di un cucù in stile tirolese appeso sopra la porta d'entrata, si alzò, prese la confezione di pane integrale a fette comprato il giorno prima al market con il resto della spesa, ne prese due fette che infilzò contemporaneamente con una forchetta, e le mise ad abbrustolire sul fuoco del fornello a gas da campeggio; dopo che le vide fumare, giudicò che si fossero adeguatamente annerite e carbonizzate e che fossero pronte per una scaglia di burro danese da accompagnare separatamente, una sola porzione delle dimensioni di un cucchiaino di caffè. Quindi versò, in un bicchiere poco pulito, del latte intero biologico acquistato da un produttore della zona: ecco, tutto è pronto per il pranzo. Pranzo che fu consumato molto lentamente, quasi in un continuo intermittente di singhiozzi. Nel pomeriggio ascoltò vari dischi di Nick Cave & The Bad Seeds mentre passava da una lettura all'altra - una rivista patinata, un quotidiano del posto e L'Assommoir di Emile Zola, che già aveva letto venti anni prima ma che aveva deciso di portarsi dietro per il soggiorno sul lago. Il libro era in pessime condizioni: la rilegatura si sfilacciava, la colla si era dileguata e dissolta in chissà quale altro universo temporale, le pagine erano talvolta appiccicate tra loro e nel peggiore dei casi erano smangiucchiate o strappate - per non parlare delle illeggibili ed insignificanti annotazioni che la sua coinquilina belga, un'eccentrica universitaria trasferitasi a Ginevra - una tale Christiane, aveva trascritto con una foga davvero incontenibile ed una sciatteria perlomeno dilettantistica. Erano le sei e si poteva anche azzardare di affermare che la giornata nella Cabina n.8 stesse finendo, ma Margaux Evangelista sentì bussare alle pareti della cabina. Chiese chi fosse e dall'altra parte della porta risposero "Signora, siamo noi, i ragazzi della spiaggia, quelli con la radio. Dopo facciamo una festa nella nostra cabina, la n.2. Se volesse ..." Margaux aprì la porta, estatica "Sia benedetto il segno dell'Acquario. Vengo molto volentieri". "Allora la aspettiamo tra un'ora. Cabina n. 2, non dimentichi." Guardando l'ora tracciata dalle lancette del cucù sopra la porta realizzò che aveva tempo per andare al market sulla statale e comprare qualcosa da portare al party della cabina n.2. Comprò varie cose, che non varrebbe neanche la pena di elencare, cose come snacks, una pacchetto da sei di lattine di birra lager, una bottiglia da un litro di vodka, una cassa da ventiquattro di acqua tonica e del ghiaccio nei sacchetti. Dopo aver pagato pensò che avrebbe potuto fare anche un po' di benzina per il giorno dopo. Magari le sarebbe venuta voglia di perlustrare il luogo in macchina, salire sul monte Vernon, fin dove almeno fosse consentito, a seconda delle condizioni meteorologiche, almeno fino al punto in cui la strada non si fosse interrotta. Fece il pieno e riempì due taniche in ferro da otto litri ciascuna. Le mise nel bagagliaio con un mezzo sorriso. "Signora. Sì proprio. Grazie dell'invito ragazzi". Il giorno dopo i notiziari del luogo battevano un fatto di cronaca occorso la notte prima al Resort Bellavista. Una delle otto cabine aveva improvvisamente preso fuoco esplodendo, mentre all'interno era in corso una festa di un gruppo di ragazzi.





Quarto Stadio dell'Esistenza

 



E non dovremo andare
più da nessuna parte
stare sui gradini di sagrati di chiese chiuse
con sanpietrini imbevuti di pioggia
trascinarsi nel deserto di Sonora con Roberto Bolano
guardare Bill Burroughs che aspetta il suo uomo a Bowery
per i semi da sciogliere ed iniettare verso un paradiso perduto
aspettare che Robert Frost abbia grattato 
a mani nude
tutte le cortecce degli alberi del New England
seguire Henry David Thoreau per i boschi sopra il lago di Walden
e sentire i suoi discorsi sul trascendentalismo e la disobbedienza civile
non dovremo andare più da nessuna parte
ma prepararci una colazione
con abbondante caffè nero
salsicce patate e tabacco.





sabato, agosto 26, 2023

Dove Sono

 

Dov'è Jack Kerouac
Jack se ne è andato
è stato il più grande scrittore
della sua generazione
& dopo un gallone di whiskey
l'hanno sepolto a Lowell, Massachussets
A.D. 1969 ed è ancora lì.

Dov'è Samuel Beckett
Beckett se ne è andato
è stato il più grande drammaturgo del Novecento
ha scritto anche Malone, Malone Muore e l'Innominibile
riposa dal 1989 al cimitero di Montparnassse, Parigi
sotto una lapide di granito senza colori, lunga & grigia.

Dov'è W.F. Nietzsche
è davanti al suo pianoforte
ottenebrato &d infermo
chiede se ha scritto davvero dei buoni libri
rimane sospirante
a qualche metro sottoterra a Rocken dal 1897
dopo Dio, alla fine anche Zarathustra sarebbe morto.

Dove sono i miei grandi scrittori poeti filosofi
sono nei miei occhi che gravitano
sono incisi nella mia mente che lavorano
sono in una cattedrale crollata
sono nei grandi altipiani attraversati ad alta velocità
sono nelle paludi impraticabili &d infestate
sono in grandi aree di depressione desertica
sono nella mia libreria e non solo.









venerdì, agosto 25, 2023

Blues dell' Acqua Alta

 



ti sei trovato in rue de toulouse
acqua alta dappertutto
sai mamma quando l'argine si rompe
è ora di correre

sei come robert frost
che ha sempre freddo
& strappa le cortecce
a mani nude ferendosi
lui era assiduo nella notte
& lasciava sempre aperta la porta di casa
non aveva paura dei ladri
in casa sua c'era solo l'aria da rubare
tanto valeva farla entrare

ti sei trovato ai margini del Missie
acqua gonfia nera densa dura
arriva fino alle caviglie
& sale su fin le ginocchia

sei come herbert marcuse
che si lamentava del fallimento del movimento
nelle sue lezioni americane
ripetendo imperterrito fino al '77
le cose che dovevano essere fatte
nuova sinistra & sinistra extraparlamentare
emancipazione della condizione femminile
ambientalismo estremo
& tante altre belle storielle

ti sei trovato a dire la calma durerà
acqua alta dappertutto
militari in strada
è solo l'ennesimo uragano che arriva

sei come jack kerouac
che era sempre a corto
di benzedrina di rye di carta
il bhikku impenetrabile di una generazione
& vagava per un riparo dal temporale della disperazione
riempiendo taccuini a big sur
un'ultima volta, l'ultimo giro
ho tra le mani i suoi scritti rari & non pubblicati
forse sarà un tempo desertico di un'altra notte selvaggia

nella hall d'albergo
acqua alta dappertutto
meglio salire ai piani alti
& vedere la devastazione dall'alto.









giovedì, agosto 24, 2023

Al Confine con il Canada



"Che bello, stiamo andando in Canada!"
ti corressi
stiamo andando al confine con il Canada, al confine
"A vedere le cascate, a vedere le cascate!"
sì, fiore di tenebra mio
ce ne staremo lì
a vedere le cascate
al confine con il Canada
poi un albero con il suo tronco massiccio
impediva il proseguimento del viaggio
occupando la strada
che disastro, niente cascate
che disgrazia, niente Canada
"potremmo aspettare un taglialegna di passaggio
che seghi il tronco in due
o potremmo accamparci aspettando che faccia mattino
prima o poi lo rimuoveranno"
ti dissi
gli ostacoli vanno oltrepassati
e si può oltrepassarli aggirandoli
sterzai il volante e scendemmo con la macchina
il ciglio della strada
facemmo dei metri nel bosco
e poco dopo risalimmo
lasciandoci alle spalle l'albero
"Che bravo che sei stato"

Arrivati, la luce era livida e piatta 
stemmo lì a guardare l'acqua precipitare in testa
ai turisti vestiti con impermeabili di gomma gialla-
volevano scendere fin giù nella vasca yankee.

"Che bello, che bello, che bello!
Quanta Acqua! Quanta Acqua!
Quello è il Canada vero?"

Ti dissi di sì.
"Al ritorno voglio ancora passare per il bosco
come prima, proprio come prima"

Arrivati sul luogo in cui l'albero era sdraiato sull'asfalto
solo qualche ora prima
trovammo la strada libera
sterzai e scendemmo con la macchina
il ciglio della strada
ma stavolta non riuscimmo più a risalire.

Ti dissi "Ho un'idea"
Andiamo in Canada.
"E con la macchina come facciamo?"
Ci faremo portare da qualche taglialegna di passaggio.










Giorni tranquilli a Baton Rouge

 


Mi trovavo sull'I-10 di ritorno da una piccola scorribanda alla Louisiana State University di Baton Rouge, che avrei potuto definire iconicamente, giorni tranquilli a Baton Rouge, dove avevo svolto alcune ricerche storiche per un progetto fotografico a cui lavoravo da tempo e che sarebbe poi finito, almeno stando a quanto detto, sul The Times Picayune. La radio della mia Challenger nera diffondeva perlopiù musica classica; mi ero infervorato per il Concerto per Piano n.1 di Brahms e per la Quinta Sinfonia di Mahler. Poi avo messo l'N.P.R. - National Public Radio, per seguire i dibattiti sulle elezioni. Sapevo fin dall'inizio e da tempo avevo predetto, che il popolo americano avrebbe portato alla Casa Bianca l'uomo chiamato Donald J. Trump e che questo non avrebbe portato nulla di buono. Dio mi è testimone anche con un brano che scrissi nel momento del Giuramento del Quarantacinquesimo presidente degli Stati Uniti d'America. "Non so se te l'ho già detto/Questa è l'Altra America/Quella che conoscevo/Quella che ho visto/Quella di NOLA/Quella di San Fran/Questa è quella in cui credo/Questa sono io". Dunque, puntualmente vinse e poi la Storia fece il suo irrimediabile tragico corso. Nei pressi di Slidell, al di là del Pontchartrain, decisi prendere un'uscita per fare un po' di benzina visto che oramai il serbatoio era quasi a secco. Sono entrato nel negozio del distributore ed ho chiesto venti pezzi sulla due e mi sono diretto verso i frigoriferi per prendere dell'acqua ed una bibita energetica. Stavo per fare uno dei miei trionfali ritorni in città a New Orleans, stavo tornando da Tierney. Quella sera sarei tornato a casa, sarei tornato da lei e avremmo bevuto qualche lattina di Budweseir ghiacciata, fumato delle American Spirit Nere e magari un po' di buona erba. Avremmo perfino fatto l'amore come due innamorati che si rincontrano dopo un lungo periodo di assenza - quindi con furore, passione ed un'infinita dolcezza. Ma ecco che arriva l'inconveniente di essere nati, per dirla alla Cioran. Ecco l'imprevedibile, l'inevitabile. Mentre mi giravo per andare in cassa, entrò un uomo con un cappellino e una bandana tirata su fino agli occhi e gridando estrasse un'arma, puntandola dritta alla cassiera. Urlava di darle tutto quello che c'è nel registratore di cassa, tutto quanto il bottino. Mi sono nascosto inginocchiandomi dietro ad uno degli scaffali ed ho posato l'acqua e la bibita per terra. Cosa fare. Non cosa fare della propria vita, del proprio vissuto, non congetture del tipo "si è vissuti bene o male" o "la mia è stata una vita degna di essere vissuta", ma cosa fare adesso, un che fare leninista intriso d'azione, hic et nunc. Mi sono guardato attorno; l'uomo non si era accorto della mia presenza. La donna del negozio, era una minuta asiatica, probabilmente parte della comunità vietnamita che si era trasferita in Louisiana nel corso del Novecento. Sentivo che aveva aperto lo sportello delle banconote ed in quel momento appoggiato in un angolo vicino ai frigoriferi e allo stand delle noccioline vidi un grosso tubo in ferro malconcio. Mi alzai dalla mia tana, lo afferrai, corsi verso l'uomo e lo colpii alla nuca con una discreta dose di forza e di violenza. Cadde a terra stordito a pancia in giù. Gli tolsi la pistola dalla mano e la diedi alla signora. L'uomo rantolava. Lo girai per metterlo supino. Gli alzai la bandana per vederne la faccia. Era un ragazzino bianco. Quindici, sedici anni, almeno. Il pavimento sotto la sua testa si stava colorando con una macchia simile ad un'immagine dei test di Rorschach. Una piccola tavolozza inondata di succo di mirtillo, di more, di lamponi. Il sangue fluiva denso. Cercai di palargli, ma mentre stava tentando di dire qualcosa come "aiutami", iniziò a tossire sputando sangue dalla bocca. Cercavo di rianimarlo in fin dei conti. La vietnamita mi disse di togliermi da sopra il corpo del rapinatore e con un fucile a canne mozze esplose in sua direzione due colpi. Uno in pieno petto e l'altro in pieno volto.