La rovina è l’espiazione della colpa.
JASPERS
Questa intera vita è stato un miracolo e noi non ce ne siamo mai accorti, non l’abbiamo mai saputo (è credibile quello che sto dicendo?). I miei cari sono morti da quasi vent’anni e io vado avanti con le stesse cose, giorno dopo giorno e i giorni non si distinguono più da anni. Per andare avanti lavoro al bar e mi metto a posto col proprietario per avere orari flessibili. Con le foto e gli articoli mi pago a malapena le birre. Le dicevo che ero nella zona per proporre un servizio ai giornali della regione, cosa che poi non è andata in porto, ma tant’è, la ragazza che ho visto fuori dalla tavola calda a Pointe à La Hache, sembrava placida, ferma. Ero nelle zone per fotografare le raffinerie e cercare di scambiare qualche parole sul sindacato a proposito dei nuovi contratti con una massa di clandestini che sono stati poi regolarizzati. Dio benedica il presidente di questa nazione, dio abbia in gloria lo stato dei pellicani, la nazione del chi l’ha fatto. Ci diciamo tutte queste cose, la nostra è una sincope che si ripete, per trovarci una giustificazione. Andiamo avanti, passiamo sui morti visti alla tv, le proteste razziali che riprendono vigore, rovistiamo nelle storie delle nostre famiglie e poi ci ritroviamo a quarant’anni senza niente da dire, anche se ci avevano detto che ci amavano, che eravamo individui pieni di talento, e che eravamo empatici col mondo, bla-bla-bla. La ragazza beveva un caffè di sicuro, perché dopo sono entrato e sapevo già che non servivano alcoolici ma era presto e sappiate, ho una regola: mai prima delle 5, ed è l’unica cosa che rispetto.
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