mercoledì, gennaio 09, 2019

Chiusura & Altri Giorni.




Giorno 1. Prima di Tutto.

Tutto quello che ha comportato scegliere New Orleans. Sceglierla. Come città, come donna a vita, come famiglia, come ricovero per la fine delle mie notti. Ah certo, Julia Street. Eccomi qua. Un'altra donna sotto braccio, alcune volte della mia età, mai, sempre molto più in là con l'età se non molto più giovani. La mattina qua, ci si alza, e se posso, guardo il fiume. E questo non è quello che mi uccide. Sono le donne che ho perso, sono le occasioni, le persone passate & ora morte. Ah certo, il Ninth Ward. Eccome se ci siamo stati. Una mattina al Community. Così solo dopo quello che ho vissuto? Sì. D'altronde quando vai fino in fondo e fai a pezzi tutto, cosa ti rimane. Tutto quello che ha comportato scegliere New Orleans. Perdere la famiglia, perdere donne, amici e stare in un orizzonte di vita che pochi altri possono considerare e capire. Uno dei momenti migliori della settimana lo passo in Jackson Square, intorno alle sette di mattina. Un veterano inizia a far risuonare una fanfara irlandese che poi declina in una marcia. Di solito, io mi alzo e marcio con lui. Di fronte abbiamo il Mississippi e tutto è salvo e ovviamente enorme e salvo ancora. La neve non cade mai qua, ma occhio ai regolamenti di conto notturni. In questo posto, ognuno, tutti i morti, hanno una tomba. Sopra o fuori terra.

Giorno 2. Ecco Quello di cui siamo fatti.

Questa parte di mondo, Ovest. In questa parte di mondo, al di là, nel territorio esteso attorno. Puliti da un paio di giorni, si direbbe. Guardandoci attorno. Non un granché, solo eventi di passaggio. Nessuna scusa, pregiudizio, a parte gli esseri umani che vengono qua. Sentii un uomo dire, dopo aver svuotato la sua lattina da stella solitaria: prima o poi verrai tradito. Verrai tradito solo se darai la tua fiducia a una persona. Le albe stanno iniziando a prendere un colore più denso, incomprensibile per la maggior parte della gente. Siamo veramente una piccola comunità, una comunità di espatriati. Uomini e donne venuti da tutto il Paese, da molto lontano di solito. Cose che non si possono riparare, cose che vanno gettate. Vuote, sepolte. Stato furioso per la maggior parte degli anni, indubbio. A sud di Saturno, prima che tutti vengano presi e sbattuti dentro. Svuota la tua lattina ed ordinarne subito un’altra. Sentito la notizia, l’hanno trovato morto, segni di lotta, non che il mondo finisca qua. Passava intere giornate nella biblioteca a fare ricerche per risolvere quelli che lui chiamava Omicidi di Stato. Aveva delle sue teorie, alcune veramente originali. Cose che potevano essere anche vere. Perché no. Uomini d’affari che bevono la mia roba, tanto per citare qualcuno. Qui non capita. La mattina risalito il fiume per qualche ora. Animali addormentati sulla riva destra.

Giorno 3. Le Voci Indistinte.

Una tipica stagione appena passata. Come dicono da queste parti, qualunque cosa capiti, vada come vada: inferno o acqua alta, fino alla gola. Tanto, giunti a questo punto. Mi sono spinto oltre. Sì, certo. Come detto tanto fa … stato troppo in giro, fatto quello che non dovevo fare, detto quello che non dovevo dire. A proposito direi, una scelta di vita. Donne, voi non capite cosa porta un uomo a scegliere quello che deve scegliere, quello che ho scelto, quello che andava scelto. In questi giorni l’aria si è fatta più rarefatta, leggera, più respirabile. Maledizione. A me piace il tempo cupo, gonfio o gli splendidi pomeriggi ubriachi sul delta e nella sera bere roba pesante. Domani chissà. Tutto quello che passa come una distrazione prima delle sette di sera. Sento tutta questa musica dalla camera di fianco. Non potrebbe andarmi meglio. Esco dalla porta e ci passo di fianco. Dalla finestra sul ballatoio vedo una donna nuda che balla su California Dreamin'. Certo che saresti più sicura e calda se tu solo fossi laggiù con la Dea Cali. Il Sole Crescente o il Sole Montante. Solo altri Dei per il pubblico, per il popolo, per la pletora. Gli alberi sono così pieni. Dovrei forse ricordarmi di mia moglie lasciata oltre il confine. Preso la strada verso sinistra per la città di mezzo. Un posto anonimo, vuoto, tutti noi vogliamo tornare al Quartiere per un ultimo sogno notturno.

Giorno 4. La Chiamata tanto Attesa.

Vi devo parlare delle doppie linee. Non che sia stato l’unico a percepirle, ultimamente. Ero ancora me, come ogni altro istante della mia vita. Stava arrivando il buio, da molto lontano. Così carico, così pieno, senza parole, solo un moto. Notizie dalla radio. Puntare il dito nel cielo e vedere la fine che arriva sulle nostre teste. Ci mettiamo i pollici in bocca bagnati di liquori. Un ambiente annerito come uno lucente nella linea di universo tracciata sulla spina dorsale fino dalla nascita. Quale è la differenza alle tre di notte. Poi spegniamo le luci. Ci guardiamo allo specchio, dilatati, disgustati, verso le undici di mattina. Noi. E’ la società in cui viviamo. Possiamo avere grandi progetti ma quello che importa è quello che sta lì fuori, che ci aspetta. Possono essere decenni. Potrebbe voler dire stare sui treni. Vederci, ed è quello che abbiamo sempre fatto. E’ il passare delle stagioni, siamo noi che siamo di passaggio, sono i fulmini là fuori. Tuoni. Metti le cose nella scatola, e leggi, lei diceva. Sentivo dei rumori. Sentivo quello che dovevo, volevo sentire. E se lo facessi. Restando. Seguitemi diceva il Profeta. Un film tralasciato per una ragione e oltre. Ad un certo punto della vita un uomo ed una donna si innamorano. Niente di più falso. Sono stato sul Fiume. Sono stato in città. Poi sono stato sul ponte. Ho guardato le cose scorrere sotto.

Giorno 5. Il Martedì Grasso Celebrato.

Prima di questa scrivania di una stazione di polizia c’era la mia scrivania, il mio tavolo di lavoro, dove ho scritto ininterrottamente per oltre trent’anni e dove ho passato gran parte della mia vita, la notte invischiata nei giorni, tra un libro letto ed un altro che stava per essere pubblicato, o era appena stato pubblicato nella discreta indifferenza di questo Paese. Uno scrittore americano di origini israeliane diceva che conosceva per nome e cognome ogni suo vero lettore, visto che erano meno di una ventina. Diciamo che è un obiettivo che ho raggiunto. Il bambino si fece ragazzo, il ragazzo si fece uomo e salì sulla collina e da quel momento iniziò a parlare. Poi chi lo ascoltò, è un discorso tutto da appurare. Ma eccomi qua, ora. Con le braccia sul tavolo, pensando ai saggi sul nichilismo europeo e alle loro conseguenze, più o meno concrete, più o meno accadute. I popoli non esistono, esistono le pulsioni suscitate dall’ego e dalla suggestione collettiva. L’avevo incontrata l’ultima volta sabato mattina. Respirava ancora e sul comodino aveva un taccuino con degli appunti indecifrabili e tendenti ad una delicata, dolce follia. Eravamo noi. Noi che andavamo alla biblioteca pubblica per bere fuori con i senzatetto. Io predicavo lo stare per le strade, entrare ed uscire dai bar, gonfiare di banconote i jukebox e vedere cosa succede.

Giorno 6. La Repressione Laica alle Porte.

E così, ripeterlo finché la vita dura. Ehi, tu, piccola faccia curata, ti sei visto, sei andato in bagno a rendere l’anima a nostro signore. Ehi tu, giovane donna piena di finte sicurezze, ecco cosa ti succede appena la minima cosa va storta. Guardati. Trucco sfatto, faccia appesantita, occhi pieni di rancore. Angelo, guarda il passato. C’era stata una possibilità, anni fa, in cui si credeva che i fratelli e le sorelle di questa terra potessero vivere insieme, creando una comunità, condividendo il destino comune. Niente di più falso. La comunità non esistette mai, non fu mai, e il dio punitore venne con la sua spada di fuoco a dividere i benpensanti dalle persone libere. Finzione. Sta scritto: nel giorno in cui la Dimora fu eretta, la nube colpì la Dimora. Ecco, questo a cosa vi fa pensare. A cosa state pensando ora. Io, a niente. Penso ai bar di fuori città ogni tanto, dove mi hanno dichiarato “persona non gradita”. Rotto qualche naso, qualche testa, niente scalpi. La profezia del Dio Squartatore che non arrivò mai. Di quale dio stiamo parlando. Il fatto è che non ci sono più piaghe secolari da tempo. Forse l’AIDS, ma si parla di trent’anni fa, proprio quando iniziai a scrivere su quella scrivania. Molti parlano di una possibile cospirazione in atto. Ehi, tu, sei andato in bagno a darti una ripulita. Forse l’hai fatto. Ma non così bene, di certo non a dovere. Burke parla del cielo verde. Io non gli credo.

Giorno 7. Gli Arti si concedono un Colpo.

Il cielo in questi giorni è una palla violacea, sporca, densa di un siero infetto, giallo - fumo per le strade. Le cose accadute in quel quarto d’ora in cui l’ho incontrata hanno portato a dei fatti. Un esempio: farmi riflettere su come avessi perso la mia religione in tenera età. Alcuni, di passaggio, mi dicono che parlo troppo. Devo ammettere che da tempo non so cosa sia più la tristezza, la depressione, la disperazione. Vediamo, ritorniamo a vent’anni fa. Non è un ricordo soppresso che ora riemerge, non è un sogno ad occhi aperti, non è un ponte che brucia. Devo aspettarmi qualcosa da tutto quello che le sto dicendo ora, devo aspettarmi una possibile situazione compromettente. Era febbraio. Decisi di vivere secondo coscienza. E la mia coscienza era del tutto particolare, e la potremmo definire marginale. Ero l’unico che la pensasse in quel modo. Luglio era così lento e fu inevitabile che prese il fucile e sparò a quell’uomo. Letto su un giornale, un articolo. Le piante intorno fiorivano ancora. L’unica cosa per cui lottiamo, a volte, non è l’onore, sono solo stanze vuote con tende senza più nessuna traccia di vita. Il nostre grande cuore preservato nella prossima diligenza che sta per arrivare in città. Ci guardiamo, ci guardiamo in faccia fino a sfinirci. E le avete viste le facce di questi uomini, uomini che stanno soli ad aspettare di essere pagati, uomini che si mettono in fila per il sussidio, uomini abbandonati da mogli e figli e tutto il resto.

Giorno 8. Ancora Antefatti.

A Ovest di un ovest minore, lontano da qua. Trovarono il petrolio e prosperarono per un ventennio. Mi avete visto passare di qua. Non direi. Sì, c’era una volta in cui siamo andati ad Ovest. Io e lei. Molto prima di queste foto che mi state facendo vedere. C’era vita prima di queste foto. C’era la nostra vita. Inutile che ve la racconti. Inutile che parli a questo punto. Ad un solo milione di chilometri da qua cosa succede. Meteoriti. Nubi cosmiche. Antefatti tra dei di un altro sistema solare o di un’altra galassia, prima che il mondo finisca. Vi ricordate del ragazzino che vi consegnava i giornali con il sorriso e il sudore appena asciugato dalla schiena. Vi ricordate delle torte della domenica, delle partite alla radio, delle attrici prominenti e prosperose alla televisione. Vi ricordate di quando avete infranto, per la prima volta, il limite di velocità, godendo, tirando dritto e poi prendendo l’uscita per la 90. Cosa pensavate di fare, dove volevate arrivare, in un paese straniero così lontano da casa. Ancora marzo, ed era molto caldo, un caldo che non avevamo mai sentito nella regione. Guardavo in cielo e guardavo all’orizzonte. Il grasso che scendeva dal dosso del marciapiede. Cos’è quella cosa che chiamiamo male. Da quando gli abbiamo dato un nome. Certe cose non esistono e non serve nominarle. Altre possono essere loro e possono essere noi.

Giorno 9. I Luoghi Compromessi.

Non c’è niente in questo mondo che ci tenga qui. Stiamo così bene finché non arriva lo squillo del telefono. Quindi rispondiamo e. Essere differenti per un’altra storia, per cosa, la drammaticità della vita. State sicuri che questa notte tutto andrà per il meglio. State sicuri nelle vostre case. Certo che ti amerò fino alla fine. Certo che starò fino alla fine. In chiesa una volta un uomo molto anziano, si alzò ed è da lì che mi sono abituato a guardare in basso. Dalle grandi città alle baraccopoli. Cimiteri e pezzi di rossetto. Dai dammi un po’ di quella roba. Parlami. L’ho sempre detto. E’ tutto così facile. Era sì, quel posto di cui state parlando. Proprio lì, ecco qua. Stato molte volte. Non voglio scendere nei particolari. Potremmo dire cento anni. Scendi, scendi la strada e bacia la testa del santo in Pere Antoine. Buddha è solo un altro nome nel nostro mondo di spietato cinismo. I numeri sono sempre stati 4, 7, 9. La morte non è una credenza, non è una deità. Semplicemente non esiste, non esistono luoghi come la morte. E' una delle prime lezioni che impari quando vivi qui in città. E se ogni giorno deve essere il giorno del giudizio, qui ci diciamo: meglio così. Facciamolo. Facciamolo Due Volte.

Giorno 10. Il Duello di Dio.

Come dico sempre: sì, sono stato attorno e sono stato lì per un lungo lungo tempo. Prima che la gente esistesse, prima che la gente prendesse coscienza e morisse. E’ diventato così difficile parlare tra le persone a questa ora della notte. Con questo intendo, sanguinare, vivere e a farsi da parte. Facciamolo Veloce. La camera da letto dava sulla strada, su St. Philip e quando uscivo prima dell’alba, i colori erano verde, viola, l'aria così forte, la sua presa così pesante che non potevi fare altro che collassare con tutte le cellule del tuo corpo e arrivando alla banchina, verso il nono distretto, ti trovavi di fronte ad una tinozza che tendeva al Rosso di Venezia ancora intriso di tutti i crimini della notte, partendo da Enrico IV, arrivando fino a dove non si dovrebbe mai arrivare - il suo corpo riverso sul marciapiede ma ancora in vita, la sera prima di sposarsi. Suonavano una marcia irlandese in Jackson Square e la mia vita non era solo quella che era stata, quella che era stata con lei, con le altre donne, con mio padre che non vedevo da vent’anni, con mia madre fiera bibliotecaria oramai intontita dagli anni, la mia vita che per così tanti anni era veramente stata per le strade. Quando il veterano ha imbracciato la cornamusa mi sono messo immediatamente sull’attenti ed ho marciato con un gruppo di persone, una brigata improvvisata, una domenica mattina. Mentre compatti, emozionati, festanti e sbraitanti percorrevamo il perimetro della piazza più e più volte, la folla ci guardava e potevi vedere un piccolo mettersi in fila con noi, illuminato dal potere del sole montante sul fiume, benedetto dalla rosa rossa del potere dell'unità delle persone che divengono comunità per prosperare nel nome di un dio senza nome ma pronto nel suo personale duello.

Giorno 11. Ciò che accade.

Passando in rassegna, vedevo i volti feriti del mio popolo, quello che gli era stato semplicemente riservato dall'esistenza su questo desolato pianeta prima di un altro pomeriggio. Era la domenica prima dell’accaduto.
Viveva in quella piccola casa che c’è ancora sulla destra, su Dauphine e Louisa. Ve la ricordate. Niente di che, ma un angolo molto carino, molto grazioso. La stupidità a cui siamo condannati. Ogni tanto andavo da lei a sistemarle le piante. Poi Iniziavamo a bere, a guardare la partite e se era ancora cosciente, finivamo a letto per giorni. Un vecchio amico, è andato, mi diceva che l’arte era la verità. Forse vi ricordate dei miei pezzi sullo scandalo dell’88. Ero un buon giornalista. Mi offrirono dei soldi, quindi radiato. Non ho mai potuto fare più quell’unica cosa che credevo fosse per me. Scrivere. Qualsiasi cosa. Scrivere. Vera o Falsa, lasciamo ai posteri. E quando i posteri decadranno, ce ne saranno altri e ci saremo noi. Ricordate quella storia che ci raccontavano. L’uomo e la scimmia. L’uomo e il suo creatore. L’uomo e il suo prossimo. Sentite questa. Ho incontrato quell’uomo, chiamato Hu, da fuori città. Vedete come la vita cambia. Hu è un mezzo assassino. Da tanto tempo sono così stanco che non riesco a dormire.

Giorno 12. Per un’altra Cifra.

Cosa ho fatto. Siamo sempre in penitenza, da quando ricordiamo. Pensavo di averti sentito ridere quella notte, pensavo di averti sentito piangere di giorno. Tanto tempo fa ridevi, e sorridevi ed eri tu alle mie battute ed io ero così felice di scrivere, mi mettevo a scrivere. Ora sono quello che ci eravamo promessi mai di essere. Ora sono un uomo vile. Le nostre memorie. I miei principi morali, i miei codici. Cosa credete, che non sappia. Ho sentito quelle voci. Cara Sorella Mezzanotte. Non voglio fare il tuo nome. Senti ancora che ti chiamo. Forse riesci ancora a sentirmi. Cabina telefonica pubblica su St. Charles Avenue, una delle poche ancora esistenti. Un tram chiamato desiderio o amore alle prime luci del giorno. Signore, lei è in linea. Componga pure il numero. 504-177-4797. Mettiti a questo telefono e rispondimi. Non puoi essere andata così lontana, non puoi essere così lontana. Mi avevi fatto una promessa nei giorni dell’oro. Mi avevi parlato, di città in città, di quello che avremmo potuto essere e di quello che saremmo stati. Avevi parlato di fiorire, di una nuova visione, di grandi passioni. Poi vennero i Giorni del Diluvio. E credimi, Dio non fu mai così solo.

Giorno 13. L’adunata delle Educande d'Orléans.

Da qui all’altra parte del mondo, come dire da un lato altro dell’Oceano Atlantico fino al punto estremo dell’Oceano Pacifico e fino dentro dentro quello Indiano. Le dolci ore della religione cattolica, come dimenticarsene. Tutti seduti in classe a sentire la Parola Ripetuta del Dio Sconosciuto. Lunedì mattina. Ancora, questa parte di mondo. Nessun gran fatto, nessuna rilevazione fino ad adesso. Visto molti bambini per la strada. Pensato alla mia donna dall’altra parte dell’Oceano. Gli Europei non sono affatto come noi. Sono più lenti e complicati. Noi abbiamo costruito una nazione ed un popolo in poco tempo e ci siamo messi a capo del mondo. Abbiamo sempre saputo che Dio sarebbe stato dalla nostra parte. E se Dio non stava dalla nostra parte, diciamo che ce lo portavamo. Avete capito il tipo di violenza e di pazzia di cui vi sto parlando. Non credo. In ventisette anni di lavoro ho visto il finale di migliaia di vite. E quando arrivavo sui posti, prima di scrivere un articolo, quando arrivavo lì con quell’odore, avevo davanti questi corpi di donne martoriate o fatti a pezzi. Tornando a casa non avevo molte alternative. Posavo la mia attrezzatura e salivo in macchina verso il bar più lontano. Ognuno si sceglie la propria sfortuna, e io avevo accettato un lavoro fatto di morte, dissoluzione, di perdita. Così per molti anni ho vissuto in un mondo di cadaveri a cui dare un nome, di corpi gonfi di donne legate, di ciocche di capelli strappati, di volti dei familiari delle vittime devastati dal dolore, di parole e parole disperate battute su fogli di carta riciclata da poi mandare tutto in redazione.

Giorno 14. La Tattica Militare.

Notti non dormite a vagare vicino ai luoghi dei ritrovamenti, con il thermos pieno di caffè corretto con rye whiskey sul sedile del passeggero, con il taccuino degli appunti da aggiornare. Si dice che un uomo che sia un vero uomo, non possa condurre un’esistenza senza una propria famiglia. Sapete, io non ho mai creduto a quello che dice la gente. Non è detto che un giovane uomo sia pronto per certe verità. La mia vita ha detto tutto l’opposto. Qualcuno cerca la stabilità, i soldi, la piccola carriera cucita sulle sue inutili spalle che nessuno ricorderà. Un idiota come un altro. Poi ci sono altri tipi di persone che pensano l’impensabile e che vivono l’invivibile. Questo, per la maggior parte delle persone, così abituate a mentire, così schiave del loro costume sociale, così dannatamente fallite nella loro ridicola routine. non è accettabile. Mi ricordo la voce di mio padre: non scegliere una cosa così difficile, non scegliere una via così stretta. Ti saranno tutti contro. Saranno tutti pronti con il dito contro di te. Se non starai con loro, sarai contro di loro. Mi ricordo la mattina dopo. Camminavo per strada per una birra, le undici penso, e vidi un uomo schiaffeggiare la sua bambina di appena tre anni. Lo presi per la gola e lo alzai per un metro e mezzo, mentre la moglie mi pregava di non ucciderlo perché era un brav’uomo, in fondo. L’aria era così pesante e avrei voluto fargli così male. Ora ho oltre quarant’anni e ho fatto del male a decine di persone, fino ad estreme conseguenze. Giro armato da quel fatto. Capii che in poco la vita può cambiare. E da quel momento sarei dovuto sempre essere stato pronto al cambiamento.

Giorno 15. E’ Stata l’Acqua.

L'anno dell’uragano persi tutto. Sono qui, su questo pontile, dodici anni dopo. Persi la casa, il mio archivio, le mie attrezzature, le mie macchine da scrivere. In città dicono che c’è stato un prima e un dopo, l’uragano. Io non l’ho mai creduto: c’è stato solo l’uragano. Ci sono stato io senza più niente e senza più lei. Lei che per dieci lunghi anni aveva sostenuto la mancata promessa del giornalismo di reportage, la fallita nuova speranza della letteratura post-moderna. Ora che le parole, letteratura, fallimento e amore non significano più niente per me, dopo tutto quello che sono stato, una nuova stella ha iniziato a bruciare in cielo. Nei giorni successivi alla tragedia, la gente guardava in alto, maledicendo Dio per quello che ci aveva fatto non capendo che Dio sarà sempre così distante da queste terre e dalla nostra pelle, che niente di tutto quello che possa accadere qui lo riguardi. Io guardavo il fiume. Non era stato Dio a farci annegare, ma l’acqua. E’ sempre l’acqua a tenerti a fondo e non le preghiere, non le messe, non i sacramenti. E’ questo fiume che arriva da migliaia di chilometri da nord che distrugge quello che siamo e quello che abbiamo, che sommerge e soffoca nel fango i nostri affetti, i nostri desideri, la nostra storia più intima. Lei mi diceva sempre: tu, vedi le cose prima, e non so come fai. Sto vedendo una nuova stella bruciare. Sta arrivando.

Giorno 16. Il Piazzale di Sosta.

Un giorno mamma prese le chiavi delle macchina e ci disse di salire in macchina, e presto. Nostro padre se ne era era andato da tempo e io pensavo che fosse anche morto, e anni dopo, seppi che avevo ragione a pensare quella cosa, perché di fatto era morto, ed era andato a morire in una altro Stato, lontano da qua. Quel giorno io e Adele stavamo seduti nei sedili posteriori, con i nostri giocattoli o con delle cose tra le mani. Adele non capiva quello che ci stava capitando. Anche se avevo cinque anni, io capivo, e capivo mia madre. Le dissi di accostare per spiegarmi quello che stava accadendo. Stavamo cambiando città perché mio padre, le sue parole, mio padre ci aveva abbandonato, una volta per tutte. Mio padre se ne era andato, lasciando me, Adele e mia madre. Ora che ho un'età e una vita dove niente e nessuno può fermarmi, posso dire che lì, divenni uomo. Anche perché da quel piazzale di sosta mia madre fece scendere con una scusa mia sorella e risalita in macchina, riaccese il motore e ripartì. Non mi ricordo che chilometro fosse dell'autostrada. So solo che avrei dovuto capire meglio la situazione. Avrei dovuto capirla meglio prima. Ma avevo solo cinque anni. Eravamo vicino al mare.

Giorno 17. La Frase Costante.

La frase che mi rimprovera, mentre qualche sera perdo conoscenza e finisco sul pavimento della cucina o di quello che ne rimane, a dormire, stanco, sfatto. Le mie giornate migliori: a guardare fuori e a pensare chi eravamo, in quel parcheggio. L’ho detto tante volte ad Adele: tutti gli anni buttati via. La frase che mi rimprovera, appunto. Tutti quegli anni vissuti con niente, cercando nostra madre o nostro padre, a viaggiare, sperando che un piccolo gesto ci portasse fuori strada, e per piccolo gesto, intendo quando sia io che lei, insieme o no, facevamo quel passo oltre il concesso, o il conceduto. Una volta l’ho dovuta trascinare per centinaia di metri ed aspettare ore e ore, quasi tre giorni, prima che si riprendesse dal suo coma eroico. E io mi ero detto, sai che c’è, me ne giro per bar, finché tu non mi chiami e non mi dici che sei ancora viva sorella. Ero pronto a seppellirti. Voglio che si sappia. Ero convinto che saresti andata. Andata e mai più tornata. Ti rendi conto, di cosa ti sto dicendo, di quello che ti stavo dicendo, cambiandoti le federe, rimettendoti nelle lenzuola di nostra nonna. Sai, ogni tanto, nonostante quello che abbiamo fatto insieme e che abbiamo fatto da soli, penso che ci sia una sorta di ritorno infinitesimale. Nessun Ordine, Nessun Combattimento. E aggiungevamo, in un mondo senza dignità. Le regole vanno condivise. Il mondo non potrà mai essere un posto migliore, ma io, ti prendevo in disparte. Dicevamo sempre: ogni polso sul tavolo con un gambo di rose pieno di spine.

Giorno 18. Il Tentativo di Rapina.

Una delle prime cose furono gli ammanchi di cassa. All’inizio non ero io, ma mi sono mischiato col tempo. Vivere qui, quando esci dalla porta e non distingui l’ora, l’aria, i colori di quello che ti sta davanti, solo marrone e verde se va bene, oltre all’odore del sangue, se sei proprio un figlio benedetto, fortunato, dalla madre di gesù cristo in persona, o forse solo di tua madre, o da qualsiasi cosa ti abbia generato e buttato mani e piedi e gambe su questa scommessa che viene chiamata Stato. Mio padre se ne è andato di casa una sera che avevo la polmonite ed una canottiera di cotone gialla con il disegno di un giocatore di colore della NBA, chiazzata qua e là di macchie di fritto. Nella vita, non in tutta la vita, mi disse, c’è un’unica cosa che si possa fare: bisogna perdere, bisogna prendere ed andare, bisogna abbandonare i propri affetti, per salvarsi. Spero che tu e tua madre starete meglio senza di me. Mi prenderò sempre cura di voi. Ciao piccolo. Su un giornale lessi che mio padre morì in un tentativo di rapina al distributore sulla 90 Ovest, qua vicino.

Giorno 19. La Colazione.

Le luci alcune volte abbagliano, altre volte no, non sono abbastanza forti e non c’è da disperarsi, perché intanto tutto ricomincia il giorno dopo, l’ora dopo, sempre nello stesso senso, ruotando nello stesso verso. Ieri mattina ho deciso, dopo il settimo bourbon liscio, di fare una cosa. Mi sono alzato dallo sgabello del bar e ho camminato fino al mio posto preferito per fare colazione. Erano le sette e quaranta di mattina e mi sono fatto una cajun omelette con una birra, tanto per chiudere il giro. Mentre ero lì, nel quartiere francese, poco prima del fiume che schiumava i secoli, ho deciso quella cosa. Non era fare colazione. Dopo che mi sarei svegliato, volevo sapere che fine avessi fatto mio padre dopo trentacinque anni. L’avrei trovato come l’avrei trovato. In qualsiasi posto. Sottoterra o in piedi, vivo. Le cose passano. Chi siamo noi, di fronte, a questa tragedia che ci capita sotto i piedi ogni giorno. La cara e vecchia saggezza. Le donne ammattite ai lati delle strade. Chi sono. Potrei dire che ci siete stati attorno tutta la vita. Eppure non è così. Perché solo io ho preso e ho andato. Quei carissimi vecchi tempi. Tutto passa. Tutto passa. Le abitudini, le donne, i soldi. Di noi non rimane niente. Non ho alcun contatto per rintracciare mio padre.

Giorno 20. A Quelli a cui è Capitato.

Sono chiuso in questa tavola calda da ore. La pala a soffitto non gira. Per fortuna servono da bere fino alle otto di mattina. Quello che c’è fuori, quello che passa fuori, è indescrivibile. Ho passato tutto la vita a scrivere, ad immaginare, ad incontrare persone, a conoscere gli uomini e le donne, a vedere bambini persi per le strade, a varcare gli Stati, ad attraversare Continenti prima e Nazioni dopo. Non è che questa cosa sia molto cambiata negli ultimi anni. Ci sono due cose in questa vita, che vanno distinte, e che certo portano una serie di conseguenze difficili da valutare, da pesare, da considerare: quando un uomo vuole andare e quando un uomo vuole andarsene. A quanti sarà capitato. Chiusi in piccoli alloggi, in una stanza di motel con un tavolo contro la porta d'entrata o su una panchina all’aperto in una notte impietosa. Cosa possiamo dire. Cosa possiamo dire di tutto questo. Certo, viviamo. Ci proteggiamo, trascinandoci. E poi malediciamo le donne avute, le pessime scelte fatte in tema di donne, che ci hanno rovinato la vita, portandoci a fondo. Ma la mia è tutta un’altra storia. E anche se le mie sono storie vere, non hanno mai avuto un inizio preciso, un momento in cui si potesse dire, iniziamo, o è il primo bicchiere, o è la prima volta che sto con una donna. Pertanto, dimenticatevi una fine.

Giorno 21. Il Numero Tre.

Ecco, di nuovo là, fuori. Dove dimentichiamo di esistere, dove passiamo le nostre domeniche, le nostre settimane della vita. Un posto dove un uomo e una donna non potrebbero mai esistere. Eccolo lì, il grande mondo che si dipana, che si esplicita per tutti noi. Ecco la nostra visione. Madri e bimbe felici, cose pazze dipinte per i più. Madri false, donne traditrici e padri assenti e nei migliori dei casi, morti, tanto per evitare equivoci. Un nome pubblicato, per i più. Prima o poi dovrei iniziare a parlare di lei. Prima o poi, dovrò dare una spiegazione per questo ennesimo libro, questo collare che ci siamo messi al collo. Sto aspettando il tuono, il tuono fuori dalla finestra. Come ogni giorno, niente fuori per me, niente che mi aspetti. Leggono i miei scritti, comprano i miei libri - bene, dovrei dire. Adesso, è solo un sabato mattina, è solo un'altra donna andata. Il tempo non ci è mai stato rappresentato per quello che doveva essere. Abbiamo avuto qualche occasione nella vita, ma l'abbiamo lasciata andare, non faceva per noi. Poi siamo stati per le strade, e come dico io, per lungo lungo tempo. Solo nei cuori dei Continenti, nelle strade. Soli per secoli e buttati in mare e nel cuore della terra e risaliti per risorgere ad una tavola calda in cui siamo chiusi dopo giorni di bevute e caffè riscaldati, uova fatte a pezzi nel nostro piatto e disillusioni e sogni smascellati. Ecco dove possiamo arrivare.

Giorno 22. La Noia degli Altri.

A questo punto, è normale chiedersi, cosa fa un uomo della mia età, dopo che ha perso tutto, o forse non proprio tutto, ma che ha perso la fede e la speranza, di quello in cui credeva. Togli la madre e la sua donna ad un uomo e lo ammazzi. Chi può farlo. Le notti risuonano per quello che sono. Sia che ci si alzi alle quattro di mattina o alle quattro di notte. E se mi mettessi a parlare. E se, alla peggio, iniziassi a correre. La donna della mia vita mi ha detto, giusto dieci minuti fa, che tutti quelli attorno, le dicono che beve per noia. Le ho detto che nessuno beve per noia. Nessuno scrive per noia. Nessuno suona per noia. Nessuno si droga per noia. Nessuno esiste e crea per noia. Siete sempre voi. Siete sempre voi. Siete voi, che con la vostra parola corrompete la nostra fino a che ci mostriate come i deboli e gli sbagliati. La piccola differenza, questa volta, è che, è questo di quello che stiamo trattando, io sia dalla parte dei forti, ed è che, io sia nei primi numeri della lista. Eccomi qui, cari signori.

Giorno 23. La Ricerca del Mondo.

Mi sono ripromesso, che anche questa volta, non avrei ceduto il passo. Il telefono continua a squillare e non faccio che pensare a Lorraine con le sue mani nude che si aggrappano alle mie braccia pesanti. Le mattine a letto e la notte gelata in cui l’ho strappata dal fiume. Tutto quell’odore di fango, tutto quell’odore di vita trascinata di cui non sappiamo che farcene. Lorraine in una macchina con me ancora bambino. Lorraine che mi raccoglie vagabondo in un vicolo cieco proprio dietro a Canal St. facendo il mio nome e mimando la mia postura. Sono attimi che si susseguono con una tenacia formidabile, con un’instancabile ed inimitabile senso di conscia perdizione, con una volontà inarrestabile che non conosce freno, che non conosce soddisfazione e non avrà mai termine. Lorraine, ricordami il senso delle parole. Portami a quando ero nel sedile posteriore e vedevo i tuoi capelli raccolti qua e là disordinati e ti scioglievo i nodi e parlavo di te e ti sfioravo il collo. I distacchi della memoria - cosa di cui non ho mai potuto godere.

Giorno 24. La Mandria Marxiana nel Bayou.

Mi hanno detto che mio padre è decisamente in fuga. Non posso neanche parlargli. La polizia è sotto. Stasera non c’è molto di cui essere preoccupati. Solo, un’altra sera nel bayou. Magari vado a puntare a New Orleans. Ho lasciato moglie, ho lasciato figlie & mia madre. Sono nel club dei numeri uno. Ho perso tutto & ho vinto tutto. La vita è così semplice, ma la gente non lo capisce. Poi arrivano persone. Fai questo, fai quello. E questa massa di imbecilli e di sociopatici si converte. Le mandrie marxiane. Sia benedetta la sua grande anima. I grandi discorsi tenuti all’Università. Tutti invasati delle biblioteche e della politica. E i teatri e i cinema. Quando siamo diventati blu. Di certo la città, ha le sue storie dove non si può arrivare, ha i suoi attimi, ha le sue cadenze, come i ciechi quando non vedono o magari vedono - quanto fa caldo, quando lei sola è al settimo drink, questa città deve rispondere. Poi, ne verremo a capo. Lei è. Dopo trent’anni si è fatta trovare. Lei è la nuova Zelda. E su questo nessuno può parlare.

Giorno di Chiusura.

La sera poi, iniziamo a parlare. Riserviamo parole. Per noi stessi, per il nostro presente, qualcosa per il futuro, niente mai, per il passato. Al tavolo di fianco, un’altra confidenza disturbata. Seagram’s VO, distillato dal 1837. L’etichetta dice: oltre centoquaranta anni di integrità, tradizione e artigianato. Gli uomini, soprattutto certi uomini, sono molto suscettibili. Decisamente deboli, pronti a credere qualsiasi cosa viene loro detta, pronti a prendere fuoco per un facile guadagno o una donna di passaggio. Questi sono gli uomini, e di questo sono fatti gli uomini. Quello che sappiamo, quello che abbiamo vissuto, e perfino quello che vorremmo tramandare, finisce in un ultimo discorso di chiusura, in una parlata strappata, che non si riesce più a ricondurre a chi l’aveva pronunciata. Chiamami quando ti svegli; uno sporco numero di telefono. Fuori dalla porta, del legno messo a pavimento. Una volta si diceva, assi inchiodate. Pavimento. Davvero è il meglio del meglio del Canada? Non penso, ma potrebbe anche essere. Scale, porta, legno, maniglia. Una discesa, per non parlarne. Alle ore - facile associazione. Bar METRO-NOTTURNO, vivere ed ingoiarla. Non posso permettermi un altro errore. Ossido osseo. Caduta degli dei. Io che chiedo. Poi giunge a noi, quel richiamo lontano, orfico, un lamento. QUESTA E’ UNA MACELLERIA. Si batte si frolla si mette al chiuso, dicono, un setaccio di morte o una sequenza enciclopedica. COCA-COLA a profusione e SEAGRAM’S VO. Per un senso di protezione, chiamami quando vuoi. Il numero è - pura cabala.