venerdì, maggio 27, 2011

Questo tipo di donna / 2

Su quel sacchetto che sicuramente nasconde qualcosa, la donna, che nel mentre allunga le gambe, dilunga i piedi, li disincancrenisce fingendosi partecipe di una sequenza filmica, la donna di questa casa alla Mrs. Dolloway satura delle strombazzate live di Miles Davis a Newport nel 1966, non guarda la continuazione di piccole pareti spezzate da spigoli irregolari, mal calcolati, e quelle poche pareti sono gonfie di quadri, fatta eccezione per il crocefisso, un opposto fuori posto, sistemato nell'entrata.

martedì, maggio 24, 2011

































Sono felice
quando sento Mr. Obama
parlare in Irlanda
tra il vento
che non serve a niente
di capelli
di belle ragazze d'Irlanda
non irrequieto quando piove
al sabato sera sto a casa
guardo i piazzali e le pozzanghere
penso ai giornali da comprare
&d ai libri da leggere
ultimamente non leggo niente
riguardo le corde delle chitarre
preferisco vedere un mondo migliore
di quello che vedo ed ho vissuto
devo ascoltare Sonny Landreth slide
con Warren Haynes a N.O.
so sempre quello che si può rubare
molte volte stato in linea
chiameranno
le direttrici i maestri
e la boria che li segue
che si chiama poco tempo
io ho da scrivere
il mio amico fatto
mi ha detto scrivi un boulevard
al massimo diranno
'è da chiamare'
amo molto il vissuto
amo le storie che sono
immagino la bambina che non ho
ed il suo vestito
ho visto molte donne
cosa dirle
cosa insegnarle
spesso mi ripeto
saresti un ottimo padre
non sarai mai un buon padre
forse non il momento
forse non il punto
l'unica cosa che mi ferma
sono due nomi di donna
sono solo
due nomi di donna
senza parentela
me ne rimango uomo
fuori
cercando

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Bob Dylan - Beyond Here Lies Nothin'

martedì, maggio 17, 2011

Bozza parziale di 'CONVERSAZIONE DI BREMA'


BERGOD  La dignità di un uomo
la sua compostezza
o il suo stare al  mondo
possono essere confermati o infranti
da singole e solitarie situazioni
da semplici oggetti o da una parola
che viene dall’esterno
Ecco una parola che viene dall’esterno
e che rimane parte di noi
per affiancarci come nostra compagna (immaginifico)
Queste mezze pastiglie
umide rotte e screpolate
la migliore parte di noi che rimane
proprio dei dolci sfatti (indica le pastiglie con disprezzo)
per la festa del più misero pargolo del quartiere
per quelle cerimonie allestite
più per la grassa prostrazione
di un destino quanto mai dominatore
Di nuovo queste pastiglie di cerone
(musica da lontano, che Bergod sembra riconoscere)
con la loro immancabile rugosa pellicola di polvere unta
di trasparente grigiore serale (poetico)
di inumana propensione alla fissità
lo stare aggrappate al loro covo
al loro ovulo dipanato
acquattate nel loro incavo giaciglio
Vedremo cosa si può fare (stremato)
stavolta (si china verso sinistra, prende una bottiglia, la porta alla bocca, beve)
Ah mia cara consolazione (esterrefatto)
Gli altri ti definiscono misera
ma non devi andare bene a loro
devi andare bene a me
nei momenti in cui ci incontriamo
e ci diamo alle pazze gioie
nella preparazione alle battute
nel cercare quell’accento strabiliante
o quell’espressione che dà un nuovo corso alla storia
Se dovessero mancarmi i sodi per te
forse chiuderei baracca
Credo che non avverrà mai
Costi poco
dai tante soddisfazioni
sei di sostegno
aiuti a guardare le cose con distacco
anche se poi in fondo
le si penetra meglio
le si dilania ...
Ad fine
Ogni tanto fai anche delle domande
ma sono domande intelligenti
di spirito oserei dire
e non rispondo
quindi
vista la mia inclinazione
la mia vocazione
ben accette
e tu questo lo sai
mia cara unica consolazione
a quest’età
più che altro direi
in questa condizione
non vedo la necessità di giungere
alla frontiera del rimprovero
per questo o per l’altro fatto
non sento il bisogno di distinguere
le cose buone o quelle andate bene (beve)
da quelle cattive andate male
La mia condizione
è quella di un uomo
che constata la scia dello scoppio
di quella bolla chiamata passato
perché io adesso sono qui
seduto pesante fermo
bevo il mio bicchiere di roba
(prende una bottiglia di birra, versa)
con le ultime tre dita della mano sinistra (le mostra)
affondo la mia riconoscenza
la mia perplessità
verso lo scarno livore
dei contorni del mio volto (si guarda impietrito)
sporcati da questo specchio (si tocca)
davvero
e questo lo sai
Quello che più avverto
negli ultimi anni
sono le colorazioni della notte
quando costringe
quello che mi sta davanti a sbattere
sulle tracce di un incendio inopportuno
zigomi fiacchi inghiottiti
paludi iniettate nelle palpebre
chi aveva visto
ripeto le solite parole
sono le parole di tutti
sono la descrizione del viso
la più importante che c’è
parlo facile
guance mal rasate
nel reparto di pneumologia con Walter
notte assente e dubbiosa nel suo sapere
covo dell’Arte
covo del Sapere Mantenuto
in alcune ore di quel cielo
che non si vorrebbe vedere
si addensano i riflessi dell’attività del buio umano
di questo mondo
intontito dalla corrente elettrica
deviata nelle strade
caseggiati tumulati
gabinetti di stazione
pubblici ufficiali malmenati
persino confessionali in affitto
disabitata la vista
l’impasto di pigmento accasciato
(guarda tra i piedi)
fondo della tinozza fortuita
quello che mi scrive le battute
fa di tutto perché io migliori
e che si spellino le mani per me
pagando
ma veniamo a noi
ai motivi
quella parte di noi raccontabile
quella parte che un conoscente qualsiasi
accetterebbe e non esaminerebbe
il venire a noi
con esagerata crudeltà
con alterato sospetto
io taglio le teste al pubblico (beve, ride)
con ingrato ed inaspettato senso etico
senso di dovere verso gli altri
quando tardano allo spettacolo
quando s’attardano per estraniarsi
in un posto qualsiasi
prima di entrare
se proprio si conoscono
accettano loro stessi salutandosi
La mia infanzia
è stata la più felice fioritura
una vigilia segnata su un proiettile di caccia
Se si ha voglia di uscire
ed incontrare donne
quarantasei anni di distanza
ho guardato esempi contenuti da volumi storici
ora che posso qualificare la distanza
quantificarla tra le delusioni
apparse sulla mia pelle
acclamando la mia tentata ingiunzione di vecchiaia
parlo sempre meglio (beve)
fino all’ultimo quel tentativo di certezza
quell’allungamento fino al rigore
al rigor mortis
sulla danza dei cavalieri
a cui mia madre sacrificava le mattinate
l’immatura maternità
da dare ad una donna
che poi
nonostante i volumi
storici antropologici filosofici sociologici
un’intera incarnazione
tutto il tempo dietro a quel teatro
durante la facoltà di lettere moderne
per poi
attaccarsi alla morfina
(si alza in piedi, recita)
affermazione di primo grado
postulato e controriforma (si siede)
orgasmo in bocca
per lei diretta degradazione
di quel percorso che si era prefissata
ed aveva raffigurato per me
su quel servizio di ceramiche
(si alza in piedi, recita con tono grave)
scrittori russi
pianisti compositori
pittori e dio mio
sempre in testa
sempre in bocca
accidiosa meticolosa
stramba compagnia
per cui mio padre
andandosene alle prime armi
nell’altro continente
debordando straviziandosi
terminando fatalmente
morendo
con il cappotto del nonno
ed il cappello della nonna
ricongiungendosi
quando il dominio della parola
che mia madre aveva addosso
era pieno e saturo
e furono gli anni del riconoscimento
senza padre niente più madre
anche se continuava ad esistere
a suo modo
allora
studiare le partiture
al mio primo maestro di pianoforte
dissi forte
se ne vada (tira tre pugni molto forti sul tavolo)
non studierò mai
nel modo che vuole lei
le sue odiose righe parallele
tantomeno quelle staffe
quelle dieresi abortite
quelle ciglia frantumate su un foglio
io ho bisogno di pianti
e di risate sguaiate
e se lei anche abbraccia mia madre
io sarò peggio del caso
del solito cattivo allievo
per le prime ballate di Chopin
le più consumate
opera alfa
ballata notturno in si bemolle
Sulla terrazza di quell’albergo del lago di Zanier
la culla acquea per i nostri maggiori direttori d’orchestra
su un foglio di servizio
annotavo i miei undici anni
odiavo la parola romanticismo
non più di quella classicismo
disegnavo capitelli corinzi
un invalido nel mondo della musica occidentale contemporanea
un convalescente da quel tipo di isterismo
che conduce all’incapacità degli arti
che colpisce i talenti più precoci
e li stupra
scrivevo male apposta
studiando grafia
quando facevamo i compiti in classe
svolgevamo i temi
sviluppavamo i temi
mi dissi
domina i dominabili
fanne una polpa
a cinque anni ho imparato tutto
dal quinto secolo avanti il cristo
come era diviso
e come veniva diffuso il mondo
tra dormienti e saggi
dovetti stare a scuola
senza senso della virtù
verso la religione privata di famiglia
Non era tanto
che mi ero dato
a quell’espressione sul viso
un taglio di carminio su quelle pastiglie di cerone
per quanto fosse elaborata la mia rappresentazione
o il mio numero
recensito su i giornali del posto
i cartelloni stradali oramai l’acclamavano
quella narrazione su quel film tratto
da un libro di Kesey
non era tanto che il mio costante stato di alterazione
medicale od autoindotta
mi portava a parlare in pubblico
nel tour lungo la costa
ho inventato battute
che rimarranno negli annali
mi portavo dietro quel bugiardino
appuntato da mio padre quando ancora girava per casa
ed era disperato con la sua bibbia
l’also sprach
(tira fuori un foglietto con fatica, legge)
una lucertola non morde mai abbastanza
perché sia compiutamente deplorata
(si guarda in giro, scoppia a ridere,
fa finta di sentire un rumore minaccioso
per cui spaventarsi a morte)
frase
se si può chiamare
feci trascrivere
sul casellario a suo nome
nel grande cimitero comunale della città
nulla a che vedere
con tutta quella discussione avuta
sulle colline prima della spiaggia
sentimmo un pezzo di Joni Mitchell
quando stavamo negli Stati Uniti
la conduzioni dell’alternarsi degli eventi
diceva mio padre
un essere umano
una luce interrogatrice
disse drogandosi
giù per le scale
mia figlia
era già drogata
ripetendo le parole del nonno
aveva pubblicato due raccolte poetiche
mia figlia
quando veniva da me
e stava con me
e le tenevo la mano
baciandola
portandola fuori
mia figlia era piena di pastelli
e di suo nonno
mia figlia su quella scala di moquette
si bucava
sputando nel lavandino ambra e stomaco
non era recuperabile
altre volte scendeva da quella scala
e chiedeva
Ho le anche rotte
sembra dire la mia Nephia
il nome di mia madre
non commento
non descrivo
la quattro parole
sul collo di mio padre
ora morto
le sue parole passate alla storia
sono sicuro di non descrivere il resto
potrebbe fare male alla tua bocca
e anche nelle labbra
ti sei iniettata
quella distrazione
che chiamavi il dolore
Frutto di dio quello sbuffo
nella confidenza della camera
ti parlavo di Fat City di Huston
con una pietra calda in mano
di come si fanno i film
di come vanno visti
mi hai detto di non aver molti amici in città
e che quel mio parlare di Lo e di logica
di costava come leccare
uno stecchio di dolciume rinsecchito
guardami il naso insaponato d’odio
mamma usa sempre la parola rattrappito
oppure insetto cuneiforme
il nonno diceva
addormentato su un traliccio della vite
continuavi a chiedere
in che modo assomigliassi a tua nonna
a miammadre checcristo
se la mia famiglia fosse stata
una recrudescenza matriarcale
quanto sarei invecchiato con quella gestione del corpo
e chiamarla rose rosie od addirittura
la nostra nona rosa
Tra i conti che nontornavano mai
tra le calze stese
tra i padri deboli
lungo una grande linea divisoria
con un armonicista un clarinetto un corno
Innamorarsi di quell’attrice
perché russa
per via di zio vanja
la donna del dottore si capisce
la donna si capisce
doveva essere del dottore
usava tutta la parte sinistra del corpo
per dire che era la sua donna
mentre scartava tra le dita
la foto di una madre
Lassù una lugubre palla di bronzo
buona per dio del genere
che ci ha spinti fino sulla luna
cavernoso oracolo di uranite
a cui si sono appellati
pensieranti teatranti
al gendarme di stato
alla stazione di polizia
abbiamo raccontato   [......]