domenica, novembre 20, 2022

L'Epica di Gerald - Parte Quarta



“Qualora la distruzione dovesse essere il nostro destino, saremmo noi stessi gli autori e i rifinitori. Dal momento che siamo una nazione di uomini liberi, siamo chiamati a vivere da uomini liberi, oppure a suicidarci” e “L'America non sarà mai distrutta dall'esterno. Se cadiamo e perdiamo le nostre libertà, sarà perché ci siamo distrutti da soli.” Sempre Lincoln. Gerald mi sembrava ossessionato dalle statuizioni del Vincitore della Guerra Civile. In questi anni centinaia di rimozioni di statue, lapidi, insegne, iscrizioni inneggianti ai valorosi Confederati (CSA) e Le Vite dei Neri Contano (Black Lives Matter) e Suprematisti Bianchi e KKK alla ribalta ed all'assalto di Capitol Hill. Con Gerald parliamo molto di storia sì - lui sa tutto di Storia e conosce una quantità di storie e storielle su posti e personaggi di New Orleans ed oltre. Nato in Georgia, sopravvissuto nella New York degli anni Cinquanta del secolo scorso, marinaio per anni di stanza a Napoli, dove probabilmente si è dato a voglie sfrenate con femminielli che si consegnavano, anima, corpo ed altro per qualche spicciolo di dollaro o lira nell'Italia della ricostruzione, uscito sbalordito da quell'esperienza militare, ritornò in famiglia in Georgia, attraversò Alabama e Mississippi con un treno con lamiere di alluminio sfavillante alla Sunset Limited, il convoglio che scintilla da New Orleans a Los Angeles (anche se in verità il primo tratto e la partenza avvengono in Florida, ma tutti detestano la Florida, almeno qua a NOLA). Baffi azzimati alla Clark Gable - Via col Vento Gerald, noi lo traduciamo così - occhi grigio azzurri da lupo dell'Alaska, fisico atletico, altezza media, curato in ogni aspetto, uomo dai mille mestieri, ma soprattutto artista multidiciplinare e grande esperto di vita in ogni sua declinazione. Mi ha fatto entrare nei ristoranti dalle porte sul retro con accesso diretto alle cucine, e li stavamo tra chef e sopraffini cuochi di cibo creole e cajun e soul food, a cui davo consigli su piatti italiani e magari anche francesi, caraffe di birra & bourbon, qualcuno tirava pure, io, come era ben noto, ero un traditional duro e puro, alcool e tabacco, lì mi fermo, uno vecchio stile, come sarebbe piaciuto a mio nonno, quando già agli inizi degli anni Cinquanta (un decennio che ritorna, qualcosa significherà) faceva su e giù da Chicago, Detroit e Las Vegas, vedendone la portentosa e sfrenata, criminale crescita. Preciso che non era né un forte bevitore, tantomeno un giocatore o scommettitore. Gerald mi racconta dell'ultimo rapporto che avuto con un uomo, sentimentalmente l'uomo più importante della sua vita, che dovette lasciare a causa dell'estrema dipendenza che Dewey - questo era il suo nome - con qualsiasi tipo di droga, soprattutto con l'eroina. Fu proprio Gerald a doverne farne il riconoscimento del cadavere per le pratiche burocratico-legali e fui lui a curarsi della sepoltura di quel corpo straziato. Decise di cremarlo, confidandomi che non l'avrebbe mai sepolto in quello stato, l'amore della sua vita e che quando entrò nell'appartamento di Dewey per raccoglierne i pochi effetti personali che rimanevano - li avrebbe poi buttati nel cassonetto della spazzatura a pochi metri dallo squallido dove il suo tesoro aveva speso gli ultimi giorni di vita, un appartamento che i tossici bazzicavano e si lasciavano a turno, a seconda di quanto dovesse essere lungo il trip - vide la vasca con chiazze di sangue rappreso di colore, rosso, marrone e nero. Hai presente le tele di Rothko, uguale, ci tenne a precisare. 

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