giovedì, marzo 13, 2014

Attentati nel M.O.











Una serie di attentati aveva scosso quella città del Medio Oriente e aveva colpito le coscienze dell’intero Occidente, e del Mondo, anche se quest’ultimo fu toccato solo parzialmente. Dipendeva da nazione a nazione, da governo a governo, da interessi geopolitici ed economici.
Era il periodo in cui gli Stati Uniti  esportavano democrazia nel mondo e questo aveva aperto un dibattito senza fine nel cuore del Vecchio Continente, all'interno dei suoi spaccati, nelle sue aule politiche ed universitarie, nelle redazioni dei quotidiani dell'establishment, sui mezzi pubblici e nelle piazze.
Il mondo era inteso ora come terra, territorio, petrolio, scorie nucleari; meglio se Asse del Male. A.o.E. (Axis of Evil), cosa che noi traducevamo nella nostra antica lingua come l’Asse del Male. A torto o a ragione. Una breve lista di Paesi da annientare. Facile, efficacie. Il Male ed il suo asse.
Quel giorno era esplosa una cisterna a Manhattan. Si fecero molte ipotesi. Ci furono morti, molti feriti. Una cisterna da centinaia o migliaia di metri cubi che esplode. La luce che si inizia a vedere attraverso i cieli di una metropoli.
Poi poco dopo esplosero e caddero al suolo due edifici a Harlem. Gas: una trasandata caldaia nelle viscere della Harlem Spagnola.
Il contrasto che gli veniva era Haarlem, Paesi Bassi, Olanda ed era la serata che aveva passato a Brooklyn prendendo a pugni un proprietario di un locale che vendeva carne secca.
Invasa da islamici, piena di mussulmani: l'Haarlem olandese l'aveva raggiunta con un treno da Amsterdam in soli venti minuti.
Vedevano la luce. I tappeti, tappeti arrotolati e legati da un laccio emostatico, poi srotolati e stesi. La luce sui piedi. La gente piegata in Viale Jenner a Milano. Disprezzati. La giunta comunale per cui aveva votato, voleva costruire una moschea per loro, entro l’inizio dell’esposizione universale dell’anno dopo, nella sua Milano. La cosa lo lasciava del tutto indifferente.
Alle 3.50 di mattina, orario in cui era di solito sveglio, e magari già da molto, riguardò la bozza del verbale del consiglio d’amministrazione che come amministratore delegato era tenuto a valutare ed a votare. Progetto di fusione.
Bevve caffè nero e succo di pompelmo inondato di ghiaccio.
Qualche biscotto, succo d’arancia, un litro di perrier.
Seguì cinque telegiornali in tre lingue diverse.
Diede un occhio all’abito, alla cravatta, alla camicia, ai calzini, alle scarpe, alla cintura, al fazzoletto da mettere nella giacca. E tutti erano elencati sul suo portabiti.
Fece un lungo sospiro sul Mondo (con Le Monde sottobraccio a Parigi, mentre vagava sulla rive gauche, gonfiato da litri di vino bianco sfusi bevuti a fianco di una cameriera delle regioni del nord della Francia).
Esaminò il deodorante, il dopobarba da mettere sulla barba e il profumo: sui polsi, nelle mani, sul collo, sul torace, poco in faccia, qualcosa in testa, spruzzandolo dall’alto, battesimandosi.
Si guardò i tatuaggi su buona parte del corpo, fece una smorfia impaurita allo specchio, poi la tramutò in sorridente, ghignante.
Scese in strada, in anticipo.
Fuori dal portone vide l’autista e la macchina.
Lei conosce bene le mie abitudini.
Ha preso da suo padre, dottore. Ed io da suo padre ho imparato.
Già, mio padre.
Che cosa preferisce ascoltare: musica, radio o, silenzio. O vuole che conversiamo.
Converseremo. Mi racconterà di come ha riportato la signorina a casa ieri sera e sentiremo la lettura dei titoli dei giornali sulla terza rete.
Dove la porto oggi.
Abbiamo un’ora. Mi porti in Corso Magenta. E da lì andiamo allo stadio. Ho voglia di regalità e devastazione. Voglio vedere le macerie della guerriglia urbana di ieri sera.
Signore, è sempre un piacere. In Corso Magenta mi devo fermare, ci sono dei semafori: potrebbero essere già attivi. Vuole che mi fermi. O Vuole che mi fermi per contemplare qualcosa.
No.
Quindi dritti verso lo stadio.
Sì.
Velocità media.
72,3 kmh.
Il che vuole dire che dovrò avere punte di 150.
E’ il minimo.
Una volta con suo padre. Mi chiese una minima di 30 all’ora. Un pa…
Lo dica pure, un pazzo.
No volevo dire un particolare amatore della velocità su strada, in città. Non ce la feci. Mi trattenne lo stipendio per un mese.
Io queste cose non le ho mai fatte. La mia crudeltà se vogliamo, è più umana.
Sissignore, concordo, più umana. Lei vede le cose prima, come con la signorina.
O riformula quanto ha detto, oppure mi spiega il significato delle sue parole. Forza.
Signore, lei ha fatto moltissimo per quella donna.
Lo so. Ma, lo dica. Dimmi il ma, Franco.
Ma non può continuare a permetterle di ridursi in quegli stati.
La mia è una forma d’amore disinteressato e totale, o se vogliamo, in quanto disinteressato, per forze di cose, totale.
Quando suo padre mi chiese un consiglio su di lei, se doveva strapparla dall’università e farla entrare a tempo pieno in azienda, gli dissi, per timore di perdere il posto, azienda.
Ancora. Me l’hai detto per vent’anni. Che eri un vigliacco ed un codardo. E lui mi disse, mentre rideva a crepapelle, che sudavi come un maiale, in quel momento. Ma che avrebbe seguito il tuo consiglio, in tutti i modi, utilizzando tutti i mezzi, i metodi, le procedure a sua disposizione.
Mi dispiace. Glielo, giuro.
Cristo guida. Ancora con questa storia. Stai per andare in pensione. Per ricevere una liquidazione da capogiro. E piangi, ti lagni. Hai più di settant’anni e col tuo problema di salute non potrai più guidare nel giro di un anno perché di quella cosa ci morirai, perché sarai morto, Franco. Niente più macchine alle 5.20 sotto il mio portone. Niente più riportare la signorina a casa. So che la mia scelta con lei non trova posto nella tua tavola valoriale del bene e che non approvi quello che faccio con lei. Eppure sei stato tu ad essere stato in carcere, ad aver rubato, ad aver spacciato, ferito, ucciso, piazzato bombe per attentati. Sei stato tu che hai abusato di prigionieri giovini. Sei stato tu il porco, il male, l’asse del male. Sei stato tu ad essere condannato. Tu, vedi, tu, hai sempre pensato che nella realizzazione delle mie voglie più estreme, nella concretizzazione dei miei talenti, come li chiamavi, facile uccidere centinaia di persone e poi convertirsi, nel manifestarsi delle mie virtù, ci fosse la tua redenzione. La redenzione per il bello, la redenzione nella terra dei giusti. Invece io adesso ti piazzo questa pistola.
La solita pistola. Lo dica. Come nel film di Cronenberg.
Fermiamoci là.
Non faccia più di due colpi stavolta.
No. Mettiti il giubbotto.
Se mi permette, dottore, vorrei controllare la pistola e soprattutto i proiettili.
Gira per l’aeroporto.
Cosa.
Linate.
Come vuole, e dopo in ufficio.
No, come voglio io e dopo niente ufficio.
Mi scusi ma non ha quella riunione importante.
Non più.
L’ha fatto allora. Se ne è andato. Se ne sta andando. La prego non mi uccida qui in macchina, non in questa macchina.







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