sabato, aprile 04, 2015

5,3







La mattina del giorno dei lavoratori uscì dalla porta della roulotte e raccolse la posta che gli avevano lasciato sui gradini. Riceveva lettere di ammiratrici che talvolta si spingevano, oltre alla redazione di pagine e pagine dattilografate, ad inviare primi piani dei loro volti, o anche delle loro parti intime. Si era abituato alla routine di quelle mattinate con caffè, tabacco fresco e fotografie di donne in preda ad un esaurimento pan-erotico. Nei primi anni Ottanta si poteva affermare che tutto oramai era diventato sesso. Sesso ad ogni ora ed in ogni luogo, sesso nei cinema, sesso nelle video cassette, sesso nei bar, sesso per le strade. Cartelloni pubblicitari con vari menù di sesso, seguiti dalle facce sorridenti delle persone scomparse, seguiti dall’ultima offerta della più grande catena di fast-food della paese. Dammi #3 banconote da un pezzo e mangia per l’eternità. Chili di cibo fritto e sugoso, litri di bibite dolci e ghiacciate per famiglie sull’orlo della bancarotta. Messaggi commerciali studiati per anni dai pubblicitari delle grandi compagnie per far entrare tutti gratis nel supermercato delle nostre coscienze. Prima di pranzo aveva selezionato gli scatti da mandare al giornale. Dai provini a contatto emergevano dei tratti colorati attorno alle sue solite 39 posizioni. La sua scelta battezzata da un pennarello rosso. Su quel foglio dal fondo nero c’erano delle miniature che ritraevano cancellate, tombe, croci, lapidi, bare scoperte e fosse a cielo aperto con ossa che spuntavano dal profondo del nucleo terrestre. Si trattava di un lavoro che aveva realizzato qualche settimana prima e che comprendeva un articolo di commento. Come andava ancora in voga a quei tempi, si poteva definire un classico reportage di denuncia sullo stato dei cimiteri della regione. Il degrado. La futilità della morte e come noi trattiamo i nostri morti. Un unico grande piazzale di cemento delle nostre memorie fermo in buco nero a miliardi di chilometri da qui - senza consistenza, in assenza di tempo. Da quasi vent’anni aveva smesso di valutare se una cosa fosse buona o meno, in definitiva, di parlare del bene e del male. Vedeva tutto come un grande quartiere, un distretto interplanetario, in cui tutto galleggiava condannato nella propria colonna d’acqua, dove tutto avveniva, indistintamente. Verso le due del pomeriggio prese da parte una lettera di una ragazza che sosteneva di vivere a ridosso del circolo polare artico. Si era firmata come Miriam. 





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