venerdì, aprile 03, 2015

5, 1





Erano mesi che si era ritirato in quella roulotte. Nessuno sapeva cosa facesse dalle 5 del pomeriggio fino a notte inoltrata. Scendeva il colore denso sulle piante e al di fuori  del recinto. Le guardava dalla finestrella. Una cassiera che lavorava in un centro commerciale ad oltre venti chilometri da lì, gli portava la spesa due volte a settimana. Carni, pane, alcolici, ortaggi, salse, spezie e qualche attrezzo ogni tanto. Lei arrivava con la macchina, suonava il clacson poco prima della roulotte. Lui usciva pochi secondi dopo con la postura e la faccia di uno che aveva lavorato ore ed ore in un mattatoio della mente. Oppure, semplicemente, in un mattatoio vero e proprio. Scendeva i tre scalini dalla porta della roulotte alla terra attorno, l’erba che ogni tanto cresceva e che stava intorno. Non aveva il telefono, parlava sulla parola e si faceva credere sulla parola. Lei lo guardava mentre scaricava le casse piene. Cosa sto facendo con questo uomo. All’interno della sua casa, la roulotte, c’era una zona adibita a camera oscura. Aveva un televisore, uno stereo, libri e dischi sparsi ovunque. Coltelli da caccia, un vecchio fucile. Si metteva sul divano a fumare, con i piedi distesi sul tavolino, una telescrivente poco distante. Migliaia di fogli attorno. In cucina, frattaglie di maiale messe a marinare per lungo tempo. Il tempo attorno & temporali & una luce data, data da un generatore esterno. C’era un reperto della Guinea Orientale sopra lo specchio di quello che poteva essere chiamato ancora bagno. Stavano lì, nel suo giorno di ferie. La sua pausa dal mondo esterno. In un giorno di festa in città, la festa in città per il santo patrono, lei gli chiese di uscire. Scese i tre gradini, fuori dalla roulotte e si mise ad imprecare. Rientrò dentro e le disse, andiamo pure alla festa in città, ma prima devo dirti chi sono.







Nessun commento:

Posta un commento