Sono solo per la strada, adesso. E’ notte. Sto andando avanti nel fondo della regione. Il ponte regge ancora, nonostante siano passati 112 anni. Mi guardo attorno, penso a dove possa essere Maya. Sono pronto a tutto. Aspettavo questo momento da tanto tempo. Da quando avevo quattro anni, si potrebbe dire, sono maturato e cresciuto sotto la luce di una stella nera. I campi. Le paludi. Le piantagioni ammalate e marcite. Contagione, epidemie, carestie localizzate. Sono su questo ponte, sono lo spirito che viaggia sotto il tunnel. Spero solo di finirlo, e che quando l’abbia percorso, sia vicino, o in un altro stato. Non ci sono sentenze valide nei corridoi dei tribunali. Quella ragazza seduta al bancone, l’ennesima. Un’altra notte buttata in un bar a rimpinzare un juke box. Pensato ai musei di arte. Pensato a mia madre. Pensato a quando scrivevo per le vicoli di Frisco. E poi i nomi delle vie si sprecherebbero. Non sto pensando a mia sorella. Sto guardando solo fuori. Sono dodici ore che guido. Dopo quello che è successo ho deciso di mollare il lavoro e di riprendere a bere. Nessuno potrà fermarmi. Devo ritrovare mia figlia.
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