domenica, maggio 21, 2017

Bergerol, 4.






Prima di questa scrivania di una stazione di polizia c’era la mia scrivania, il mio tavolo di lavoro, dove ho scritto ininterrottamente per oltre trent’anni e dove ho passato gran parte della mia vita, la notte senza fine, i giorni, tra un libro letto ed un altro che stava per essere pubblicato, o era appena stato pubblicato nella discreta indifferenza di questo paese. Uno scrittore americano di origini israeliane diceva che conosceva per nome e cognome ogni suo vero lettore, visto che erano meno di una ventina. Diciamo che è un obbiettivo che ho raggiunto. Il bambino si fece ragazzo, il ragazzo si fece uomo e salì sulla collina e da quel momento iniziò a parlare. Poi chi lo ascoltò, è un discorso tutto da appurare. Ma eccomi qua, ora. Con le braccia sul tavolo, pensando ai saggi sul nichilismo europeo e alle loro conseguenze, più o meno concrete, più o meno accadute. I popoli non esistono, esistono le pulsioni suscitate dall’ego e dalla suggestione collettiva. Perdenti. L’avevo incontrata l’ultima volta sabato mattina. Respirava ancora e sul comodino aveva un taccuino con degli appunti indecifrabili e tendenti ad una delicata, dolce follia. Eravamo noi. Noi che andavamo alla biblioteca pubblica per bere fuori con i senzatetto. Io predicavo lo stare per le strade, entrare ed uscire dai bar, gonfiare di banconote i jukebox e vedere cosa succede. Tutto in una notte. E così, ripeterlo finché la vita dura. Ehi, tu, piccola faccia curata, ti sei visto, sei andato in bagno a rendere l’anima a nostro signore. Ehi tu, giovane donna piena di finte sicurezze, ecco cosa ti succede appena la minima cosa va storta. Guardati. Trucco sfatto, faccia appesantita, occhi pieni di rancore. Angelo, guarda il passato. C’era stata una stagione, anni fa, in cui si credeva che i fratelli e le sorelle di questa terra potessero vivere insieme, creando una comunità, condividendo il destino comune. Niente di più falso. La comunità non esistette mai, non fu mai, e il dio punitore venne con la sua spada di fuoco a dividere i benpensanti dalle persone libere. Finzione. Sta scritto: nel giorno in cui la Dimora fu eretta, la nube colpì la Dimora. Ecco, questo a cosa vi fa pensare. A cosa state pensando ora. Io, a niente. Penso ai bar di fuori città ogni tanto, dove mi hanno dichiarato “persona non gradita”. Rotto qualche naso, qualche testa, niente scalpi. La profezia del Dio Squartatore che non arrivò mai. Di quale dio stiamo parlando. Il fatto è che non ci sono più piaghe secolari da tempo. Forse l’AIDS, ma si parla di trent’anni fa, proprio quando iniziai a scrivere su quella scrivania. Molti parlano di una possibile cospirazione in atto. Ehi, tu, sei andato in bagno a darti una ripulita. Forse l’hai fatto. Ma non così bene, di certo non a dovere. Burke parla del cielo verde. Io non gli credo. Il cielo in questi giorni è una palla violacea, sporca, densa di un siero infetto, giallo - fumo per le strade. Le cose accadute in quel quarto d’ora in cui l’ho incontrata hanno portato a dei fatti. Esempio: farmi riflettere di come avessi perso la mia religione in tenera età. Alcuni, di passaggio, mi dicono che parlo troppo. Devo ammettere che da tempo non so cosa sia più la tristezza, la depressione, la disperazione. Vede, tenente, ritorniamo a vent’anni fa. Non è un ricordo soppresso che ora riemerge, non è un sogno ad occhi aperti, non è un ponte che brucia. Devo aspettarmi qualcosa da tutto quello che le sto dicendo ora, devo aspettarmi una possibile situazione compromettente. Era febbraio. Decisi di vivere secondo coscienza. E la mia coscienza era del tutto particolare, e di sicuro originale. Ero l’unico che la pensasse in quel modo.





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