Là, nelle vie isolate. Barranquilla, Colombia. Il 1982, Pablo. Un sabato. Pablo era ebreo. La verità per lui non era un dado tratto, ma tutto stava nella Bibbia. Nel Libro. La canzone è stata in giro per tanto tempo ed è ora che torni a casa. Cosa c’è di più intimo del proprio nome. Questa vita vissuta, questo racconto totale, questo odio che parte dalle scarpe che indossi. Puoi piacermi ancora? No, il tuo turno è passato. Prendo queste parole dal taccuino di Pablo. Pablo, Pablo, Pablo. Pablo a Stoccolma. In Platea. Prima che attraversasse la linea. Il Nobel. Pablo il comunista libertario. Pablo il capitalista affamato. Cos’è il comunismo, poi. Cos’è il socialismo. Cosa è stato. Solo una storia che ci siamo raccontati per oltre un secolo. Abbiamo illuso le masse. Ci siamo messi al tavolo con loro ed abbiamo puntato alto. Li abbiamo strizzati. Chi sono le masse. Chi sono le persone. Puoi darmi una risposta. Pablo parlava e non c’era mai una linea definita. Lo vedo adesso, a Lisbona. Era il ’78. Ogni tanto parlava di diligenza. Scomodava parole dal suo vocabolario. Poi si rifugiava nella vodka per mesi. Lo potevi trovare davanti all’Empire State Building per giorni. Stava, fotografava, si distoglieva. Era sempre una fonte, un fantasma, un’idea che appariva e poi mi chiedeva Dove è Maria? Dove è Clara. Là, nelle vie isolate. Vissuto per mesi. Barcellona.
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