domenica, aprile 17, 2016

La Famiglia Klimcko, 5.






Quaranta minuti dopo mi ritrovai assunto dalla Biblioteca di Stato per un periodo di tre mesi di prova, con la specifica mansione di curatore speciale della nuova sezione di musica. Gli eventi proseguirono. Si allinearono e proseguirono lungo una concatenazione di risultati. Alla domenica ci alziamo per ribadire il Libro dei Proverbi o solo strappi dal Dhammapada. Arrivati per arrivati, scelti per scelti. Un libro di J.C. Oates lasciato in derelizione. D.P.A. > Detriti per Anni. Il lucida labbra della giovane bibliotecaria, rosa trasparente, colloso, riversato sui denti, sulle gengive, nella bocca, nei meandri metallici dell’apparecchio correttore della dentatura non proprio aperta come si vorrebbe. Ho camminato per stanze. Migliaia, in giro. Andato, andato, andato. Stanze dove le tende erano di spugna arancione, tessuti malridotti, affumicature, tracce di sigarette, macerie di nicotina per il signore nostro dio sconusciuto. Versi. Tutto quello che siamo viene dalla mente. E mentire ci è diventato così facile. Siamo perfino ostinati nel mentire. Una corretta pratica quotidiana lontano dai riflettori della società perbene. La distorsione è l’unico fenomeno fisico che ci interessa. E’ la sofferenza del risvegliato. E’ la cospirazione mattutina contro la razza umana. La sapienza grida per le strade. I Klimcko sono stati via per molto tempo. Oltre un mese. La parola Klimcko mi ha sempre richiamato in modo diretto Gustav Klimt, l’uomo della Secessione. Questa sì che è una parola stupenda. Secedere. Stare in disparte, allontarsi da. Andare via, ritirarsi. Molte volte, perché un uomo possa definirsi tale, bisogna trovare un accordo con una fase della propria vita. Io avevo trovato queste due parole: una il cognome di una famiglia e l’altra una parola altisonante, del tutto ideologica. Iniziai a fare fantasie e a stabilire connessioni cognitive e linguistiche tra la lettera k e la lettera s, klimcko - secessione, k et s, klimcko e secessione. La Secessione dei Klimcko. Fuori nello spazio aperto. Immaginazione. Stagni per centinaia di chilometri quadrati, oltre la catena montuosa, quando la valla è morta da un pezzo, e l’Eden rimane il nome di un negozio di ferramenta spiccia e liquori. Sceso, sceso, secesso. Inevitabilmente. Un lungo dato di presunzione autocommiserata, quello ero diventato. Il lavoro alla Biblioteca di Stato avanzò inesorabile, accompagnato da nottate a-bulimiche, vuote, rileggendo i discorsi dei grandi uomini politici del Novecento. Avevo intrapreso una dieta di sole proteine. Uova sode, carni al sangue. Tabacco a manciate, a mani piene. E una quantità di caffè nero che riempiva ogni parte della cabina. Litri, litri e litri di tazze nere. Il sentiero dei perversi conduce alla morte (Proverbi, ore 12:28, numeri illuminati di rosso come nelle migliori pellicole del decennio passato). Da un giorno all’altro potrebbero rientrare. Magari al gran completo, sulla loro Mercury da buona famiglia. Figli di. Dopo tutto, li sto solo aspettando.







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