Veramente,
può essere tutto qui.
Mike
& Frank passano la propria giornata, oggi, in un clima più fresco del
solito.
Ventisette
gradi, ottantadue percento di umidità, ottimale situazione per due sbandati,
ammesso che lo siano.
Mike
& Frank se la passano sotto qualche albero e si sdraiano sopra qualche
tomba, qui, all’Holt Cemetery.
L’Holt
Cemetery è come quando tua madre è morta ammazzata ed avevi cinque anni, è come
se avessero sganciato una bomba all’idrogeno da cento megatoni e tu sei uno dei
pochi sopravvissuti della tua metropoli, solo perché eri all’estero a berti un
drink con cannuccia e ombrellino in un qualsiasi posto caraibico.
L’Holt
Cemetery accoglie da sempre, a New Orleans, diciamo dal 1879 in poi, i resti ammalorati di quelli che sono morti e
che in vita non avevano niente.
Il
catalogo è lungo: poveri, indigenti, affamati, indegni, appestati, lebbrosi se
ce ne sono mai stati, deceduti per colera, tossici, alcoolisti, morti di AIDS, qualsiasi
fine peggiore che si possa figurare è presente su un’intestazione di almeno una
tomba.
Ho
deciso di non arrivare ad indovinare quali siano i veri nomi di Mike & Frank,
ed ho escluso il fatto di analizzare e soppesare l’eventualità che mi stiano
mentendo su tutta la linea. Così tutto rimarrà più facile.
Sono
questi, questi due uomini intorno alla trentina, che a parte qualche piccolo
traffico di anfetamina, si occupano di dare un minimo di dignità a questa
onesta sorta di fossa comune.
Ai
morti, qui, hanno dato un nome e dei pezzi di legno per delimitare il proprio sacco
di ossa.
M
& F sono due formidabili furbacchioni dell’ultima ora; tentano di vendermi
roba più volte nei minuti in cui parliamo, mi chiedono chi sia, cosa faccio, di
fargli vedere i tatuaggi che spuntano dalle maniche della t-shirt.
Mi
dicono anche che ho un bel fegato ad andare lì.
Gli
rispondo: nessun fegato.
Sono
solo uno di passaggio che scrive e fotografa.
Fai
tutte le foto che vuoi amico e scrivi. Noi facciamo il nostro.
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