Ho scritto poche parole nel
telegramma di cordoglio per la famiglia Poulange.
Poche parole, spero
significative, anche se sono un po’ false.
Quando la gente muore tutti si
apprestano a far sembrare straordinarie vite mediocri o perfino misere, a
parlare del morto o della morta, come in questo caso, come di un individuo dal
vissuto irripetibile, eccezionale.
Ciò è frutto di ignoranza,
ipocrisia e di un certo timore che la morte suscita negli esseri la cui sola
preoccupazione sia stata vivere in un modo più arrogante, prepotente o quanto
meno approssimativo. Fino a qualche decennio fa si utilizzava il termine
superficiale per raffigurare tali situazioni.
Rimane il fatto che questa è
caratteristica si ritrova negli che dipanano quotidianamente un ossessivo senso
di appartenenza, di egoistico attaccamento alla vita.
siano esse persone cosiddette
di successo o perfetti derelitti:
entrambe le esperienze possono ben coesistere in un solo corpo …
E’ un atteggiamento
irrimediabile dei nostri tempi. E’ un’etichetta ben visibile, sempre a patto
che si guardi.
Vostra figlia, Signora e Signor
Poulange, per me ha significato molto di più di quello che i fatti hanno
testimoniato, molto più di quello che c’è stato tra me e Sandra. Vi sono vicino
nel dolore e se Voleste sapere altro su Vostra figlia sarò contento di
esaudirVi, nel limite delle mie capacità e della verità. Firmato. N.
Raccontare la verità su Sandra
è qualcosa di più di quello che, i cattolici e non solo, chiamano atto di fede.
E’ un ritornare indietro di qualche anno, è un tuffo quantomeno disperato in
quello che sono stato, quello che ho fatto, quello che ho amato e in quello che
ho scritto fino a qui.
Sandra era una delle ultime
della classe. Io mi ridossavo sui primi, ma questa non aveva mai avuta nessuna
importanza poiché essere primo o secondo della classe nelle scuole medie
equivale molte volte ad essere un perfetto imbecille nella vita e perche il mio
era in sostanza solo un atteggiamento.
Mi sono sempre piaciute le
persone sveglie, dirette e se posso dire, ‘con le palle’, di quelle che quando
c’è da parlare parlano, quando c’è da andare vanno e da fare fanno. Magari nel
loro modo – spesso la gente li chiama diversi, strani, imprevedibili, bisogna
vedere in quale grado di intensità si analizza lo spettro della vita.
Per me e per Sandra o c’eri o non
c’eri o si era o non si era – lo definivamo “vivere francamente” - di questo
sono sicuro, sicuro come lo sono che sia morta a 37 anni, in una camera di un
motel in Messico al confine con gli Stati Uniti.
Sono sicuro perché il suo corpo
è stato trovato e l’autopsia ha detto che. Il motel si chiama Pasadilla, stando
anche ai dati che ho ottenuto ed ai giornali che ne parlavano l’altro giorno.
Sandra acquistò la mia
definitiva e completa ammirazione quando per scelta del nostro insegnante di
lettere, uomo insulso deturpato attenzioni pedofili, le fu assegnato il ruolo
di riserva della parte di Caterina nella Bisbetica Domata e il caso la trascinò
in palcoscenico la sera dell’ultima replica quando l’altra mia compagna di classe
cadde in preda ad un improbabile malore.
Tra il pubblico della scuole ci
sarebbe stato un regista ed un critico entrambi attirati dal passa voce che si
era fatto sulla commedia e che veniva definita discreta dalla cronaca cittadina
di uno dei maggior quotidiani del Paese.
L’attrice ebbe un attacco di
panico, punto e basta.
Sandra era in camera ad
ascoltare a quasi dieci anni dalla sua scomparsa Janis Joplin, il suo mito per
eccellenza. Una telefonata dalla scuola articolata dalla voce del pedofilo di
cui parlavo (ora sta scontando 27 anni di carcere), la reclamava: Sandra
vestiti e vieni di corsa.
Lei venne con tutta calma. Salì
sul palco. Due mesi dopo era alla scuola di arte drammatica Paolo Grassi.
Il mio ruolo della recita era
quello di far ripetere le battute agli attori, far da supervisore del suono e
delle luci e di far, in buona parte, il buffone.
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