domenica, dicembre 16, 2012

Da una vecchia bozza di inizio (racconto)






Ho scritto poche parole nel telegramma di cordoglio per la famiglia Poulange.
Poche parole, spero significative, anche se sono un po’ false.
Quando la gente muore tutti si apprestano a far sembrare straordinarie vite mediocri o perfino misere, a parlare del morto o della morta, come in questo caso, come di un individuo dal vissuto irripetibile, eccezionale.
Ciò è frutto di ignoranza, ipocrisia e di un certo timore che la morte suscita negli esseri la cui sola preoccupazione sia stata vivere in un modo più arrogante, prepotente o quanto meno approssimativo. Fino a qualche decennio fa si utilizzava il termine superficiale per raffigurare tali situazioni.
Rimane il fatto che questa è caratteristica si ritrova negli che dipanano quotidianamente un ossessivo senso di appartenenza, di egoistico attaccamento alla vita.
siano esse persone cosiddette di successo o  perfetti derelitti: entrambe le esperienze possono ben coesistere in un solo corpo …
E’ un atteggiamento irrimediabile dei nostri tempi. E’ un’etichetta ben visibile, sempre a patto che si guardi.
Vostra figlia, Signora e Signor Poulange, per me ha significato molto di più di quello che i fatti hanno testimoniato, molto più di quello che c’è stato tra me e Sandra. Vi sono vicino nel dolore e se Voleste sapere altro su Vostra figlia sarò contento di esaudirVi, nel limite delle mie capacità e della verità. Firmato. N.
Raccontare la verità su Sandra è qualcosa di più di quello che, i cattolici e non solo, chiamano atto di fede. E’ un ritornare indietro di qualche anno, è un tuffo quantomeno disperato in quello che sono stato, quello che ho fatto, quello che ho amato e in quello che ho scritto fino a qui.
Sandra era una delle ultime della classe. Io mi ridossavo sui primi, ma questa non aveva mai avuta nessuna importanza poiché essere primo o secondo della classe nelle scuole medie equivale molte volte ad essere un perfetto imbecille nella vita e perche il mio era in sostanza solo un atteggiamento.
Mi sono sempre piaciute le persone sveglie, dirette e se posso dire, ‘con le palle’, di quelle che quando c’è da parlare parlano, quando c’è da andare vanno e da fare fanno. Magari nel loro modo – spesso la gente li chiama diversi, strani, imprevedibili, bisogna vedere in quale grado di intensità si analizza lo spettro della vita.
Per me e per Sandra o c’eri o non c’eri o si era o non si era – lo definivamo “vivere francamente” - di questo sono sicuro, sicuro come lo sono che sia morta a 37 anni, in una camera di un motel in Messico al confine con gli Stati Uniti.
Sono sicuro perché il suo corpo è stato trovato e l’autopsia ha detto che. Il motel si chiama Pasadilla, stando anche ai dati che ho ottenuto ed ai giornali che ne parlavano l’altro giorno.
Sandra acquistò la mia definitiva e completa ammirazione quando per scelta del nostro insegnante di lettere, uomo insulso deturpato attenzioni pedofili, le fu assegnato il ruolo di riserva della parte di Caterina nella Bisbetica Domata e il caso la trascinò in palcoscenico la sera dell’ultima replica quando l’altra mia compagna di classe cadde in preda ad un improbabile malore.
Tra il pubblico della scuole ci sarebbe stato un regista ed un critico entrambi attirati dal passa voce che si era fatto sulla commedia e che veniva definita discreta dalla cronaca cittadina di uno dei maggior quotidiani del Paese.
L’attrice ebbe un attacco di panico, punto e basta.
Sandra era in camera ad ascoltare a quasi dieci anni dalla sua scomparsa Janis Joplin, il suo mito per eccellenza. Una telefonata dalla scuola articolata dalla voce del pedofilo di cui parlavo (ora sta scontando 27 anni di carcere), la reclamava: Sandra vestiti e vieni di corsa.
Lei venne con tutta calma. Salì sul palco. Due mesi dopo era alla scuola di arte drammatica Paolo Grassi.
Il mio ruolo della recita era quello di far ripetere le battute agli attori, far da supervisore del suono e delle luci e di far, in buona parte, il buffone.


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