martedì, ottobre 31, 2023

Guerra al Sacco

 


Siamo Tutti dentro una Guerra. Sta scritto che per tutte le cose c'è un tempo fissato da Dio. Un tempo per amare, uno per odiare, uno per la guerra e uno per la pace. Abbiamo passato enormità temporali ad affannarci, ad affaticarci ci siamo affastellati di finti credi, di convinzioni temporanee, di ossessioni fideistiche che sono durate l'attimo della balugine elettrica del fulmine prima del colpo del tuono che fa tremare la terra. La Guerra più atroce è quella dell'essere umano, dell'individuo, preso in se stesso, l'essere-umano-da-solo. Sta ancora scritto: la sorte dei figli degli uomini è la sorte delle bestie; agli uni e alle altre tocca la stessa sorte; come muore l'uno, così muore l'altra; hanno tutti un medesimo soffio, e l'uomo non ha superiorità di sorta sulla bestia; poiché tutto è vanità. Tutti vanno in un medesimo luogo; tutti vengono dalla polvere, e tutti ritornano alla polvere. Questo è vero ed ha il sapore della novella a cui non ci si può sottrarre, ha la cadenza di quelle cose nella vita che releghiamo nella categoria dell'oltraggioso: è indubitabile, ovvero è l'indubitabile per antonomasia, come la malattia mentale, in tutte le sue forme, classificazioni, declinazioni e sconvolgimenti. Era l'inizio di luglio di oltre cinque anni fa. Ricordo, parla, scriveva Nabokov. Ricordo lasciati andare. Ritorna nel luogo determinato, che hai scelto. Trasforma il Tempo e calati nella sua dimensione, ovvero la non esistenza. Ricordo non cercare, rivivi per quello che sei stato, esisti e basta. E dunque in quel luglio stupido e canicolare, con il mio corpo che attraversa l'Ospedale Policlinico di Milano alla ricerca della palazzina di psichiatria denominata Sacco, il mio corpo che deve salire delle scale brevi ed entrare nel Sacco, lì dove tengono i malati e lì dove tengono legata ad un letto lei, Marina. Devi salire fino al terzo piano e prendi un ascensore. Con te entra un signore verso la sessantina, provato, sudato, imbarazzato: sta andando a trovare suo figlio, tu corpo, tu ricordo, stai andando a trovare la ragazza che hai lasciato nonostante una sofferenza immensa e mesi su mesi in cui hai devastato il tuo discernimento, la tua volontà, in cui hai abbandonato la disciplina della rettitudine per uno sconfinato amore a cui tutto è permesso, perché è quello che dovevi fare ed era l'unica scelta che avevi: un affetto impregiudicato ed impregiudicabile, un affetto che non conosce le regole del quotidiano e ti spinge alla più profonda professione di fede intelligente ed umana che si possa fare: amare. Quindi dai una pacca sulla spalla al signore in ascensore per fargli capire che ci sei e lui prima si imbarazza poi si lascia andare in un profondissimo interiore refolo liberatorio ed a un grazie, un grazie che esce mal masticato dalle mascelle in forte tensione e contrazione. E' lì che ti aspetta dietro la porta in ferro, lei. Sei quasi entrato, ricordo. Vedi che si è alzata dal letto dove è imprigionata da giorni. Vedi i suoi capelli incendiari, gonfi, iracondi che si annodano detonando i suoi movimenti frenetici, nevrotici, nevrastenici, intossicati, tossici, chimici, enzimatici. Manca poco e la porta si aprirà. Vedrai altri pazienti, altro dolore, litigherai con lei nella sala dei fumatori del reparto che è poco di più che la camera della salvezza a minuti di un braccio della morte perso nel mondo della sofferenza psichica. Si dice: l'ultimo miglio. Ma per chi combatte questa Guerra non ci misure, non ci sono distanze da percorrere in avanti od a ritroso, non ci sono trincee, rifugi, ripari, non esiste la parola guarigione né la parola normale: tutto è straniero, tutto è dolore. Fa male da morire e per questo si spera di morire e si pensa di continuo al suicidio, alla soppressione di se stessi, una volta per tutte, per non fiatare più e non ingerire la medicina  degli altri: la realtà. Pe questo nel Qoelet siamo paragonati alle bestie. Non tanto dissimili per forma, accomunati da un destino che non guarda, non conosce, ma che condanna. Le vittime di questa Guerra non si contano ma io le ricordo ogni giorno, porgendo il mio volto scuro a Dio.


sabato, ottobre 21, 2023

La Scelta Letteraria. La Ragione dello Scrivere e L'appartenenza ontologica all'Arte.


Da ragazzino, e direi fino a qualche tempo fa, quindi prima della misurata e matura soglia dei quaranta anni, quando arrivavo in una città, per capire la tradizione, il senso ed il vero peso specifico di quella città, mi buttavo principalmente in tre posti: nei principali musei di arte, nelle biblioteche cosiddette, istituzionali e nei luoghi della musica, dalle sale da concerto ai più reconditi e malfamati postriboli dove si facesse musica dal vivo. Parlando di città, mi riferisco principalmente ed intenzionalmente a capitali europee, a città che ebbero una certa e ben definita importanza storica oppure a quelle che in quel momento avessero un rilievo immediatamente attuale e che comunque rappresentassero e costituissero un ruolo certo, ben determinato di centro nevralgico in quella specifica nazione e nel continente di giacenza, di appartenenza. Premetto che due sono i continenti che ho vissuto e visitato di più: la madre Europa, dove galleggia la Penisola del mio Paese d'origine, l'Italia, e soprattutto un nazione a sé stante, che ha tutti i crismi di un continente, ovvero gli Stati Uniti d'America. Per forma mentis, per complessione cerebrale, per spirito di appartenenza, sono un europeo che ha sempre amato l'America, e che ben presto è diventato, per molteplici motivi - studi, soggiorni, viaggi interminabili, periodi di vita vissuta appieno e visceralmente - un ibrido: sono un europeo per nascita e provenienza anagrafica, ma nel corpo, nel cuore e nella mente sono più americano di un Newyorkese, sono un NewOrleanians fatto e finito, perché New Orleans, NOLA, acronimo che sta per New Orleans Louisiana, id est, N.O.LA (LA non sta per le due lettere principali, capitali di Los Angeles, California, ma LA è l'abbreviazione formale dello Stato della Louisiana), è la mia città di elezione, è il mio porto sicuro, e il punto di partenza ed arrivo di ogni mia scorribanda nella terra degli yankee.


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Dunque: la cosa che facevo per prima, quella che facevo veramente come se fosse un'iniziazione o il principio di adesione alla procedura di un sacramento laico - poi non così tanto laico, visto il folle fervore predatore ed incontrollabile proposito proditorio - era quella, letteralmente e proverbialmente, di procedere, se non addirittura correre, verso i musei d'arte ed approcciare frontalmente le opere d'arte predilette, opere che avevo studiato per anni e a cui avevo anelato per notti insonni. Principalmente erano le tele dei grandi Maestri del Colore. Nei primi tempi furono gli Impressionisti, poi vi fu il sorpasso, per dirla meglio, uno sconcertante, iroso, colossale, militaresco, vittorioso, deifico e sbaragliante surclasso  da parte dell'Espressionismo Astratto sulla abbandonata causa dei pittori della seconda metà dell'Ottocento fino ai primi del Novecento. La stessa cosa la facevo con i libri: la mia prima volta a San Francisco, mi sono recato alle sei di mattina in stazione e sono salito su una carrozza del treno che portava a Berkeley, nel contesto meteorologico tipico di quell'area della California, un freddo che instupidisce con il tocco di una densa e graffiante nebbia onnipresente che ti avvolge ad altezza d'uomo. Quel giorno di luglio, giunto nella mitica Università che vide le prime Contestazioni con i Free Speech Movement (FSM) e il crescere e formarsi di un amplissimo corredo - dal dio della filosofia sceso in terra rispondente al nome di Herbert Marcuse, alla libertà di espressione ed accademica, dall'abolizione del divieto di libera pratica di attività politica alla cosmologica rieducazione, una piccola ma potente Trasvalutazione di Tutti i Valori direi - di idee, laboratori di nuovi concetti istituzionali e comportamentali, di nuove pratiche di vita vissuta e di cambiamento, se non addirittura di rovesciamento, della categorie sociologiche ed antropologiche che ordinavano la società del secondo dopoguerra tanto più una parossisticamente complessa e contraddittoria allo spasimo come quella che abitava e dà a tutt'oggi vita alla Nazione a Stelle e Strisce. La cosa che feci era quella di rintracciare la responsabile di Letteratura Moderna e Contemporanea Americana e una volta trovata, iniziare un animoso e trionfale discorso sui Beats ed il loro capostipite, Jack Kerouac. Mi ricordo il nome di quella ragazza, di qualche anno più grande di me; io ne avevo ventiquattro. Si chiamava Barbara e fu, almeno per me, piacevolmente sconvolta dalla mia conoscenza della materia del dibattito in cui l'avevo costretta, confronto terminato da una sua subitanea intima percezione di uno stato di esaurimento psichico e prostrazione fisica dovuta al nostro confronto e a quello a cui l'avevo sottoposta nelle prime ore di lavoro di un comune mercoledì di routine accademica. Per farla breve, nella sua stentata sopravvivenza all'inaspettato detrimento a cui l'avevo sottoposta, mi condusse verso l'ampia sezione degli autori e delle opere che mi interessavano e finii col passare lì diverse ore. Rientrai con il treno del tardo pomeriggio per Frisco, festante, pieno di hybris intellettuale, febbricitante per la mia incursione da conquistadores italico nel tempio della Gold Cost. 


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Poi, sono cambiato. Negli ultimi anni ho viaggiato di meno e questi si sono accumulati tra varie vicissitudini, ed ora non mi butto più anima e corpo nel sudario dell'opera d'arte. Adesso leggo saggi, studi ed interviste sugli autori, che già conosco, così completando la mia conoscenza e rafforzando la mia coscienza dell'autore. Leggo anche le raccolte epistolari, che alcune volte hanno le sembianze e il peso di quello che si chiama comunemente e volgarmente volume. Veri e propri tomi dalle dimensioni e peso che intimorirebbero anche il più cinico e freddo degli sguardi calcolatori e razionali di un aspirante studioso od intellettuale. Forse fa parte di un percorso inconscio di accrescimento personale nel nome della Conoscenza e della Comprensione, entrambe con le Ci Maiuscole. O forse è un vezzo di passaggio. Di sicuro quello che mi rende più curioso, mi rende più forte. Barbara, a distanza di diciassette anni, uscirebbe tramortita da un secondo incontro con me. O dichiarerebbe subito, esprimendo per iscritto la scelta di fine vita attraverso morte cerebrale, oppure, più semplicemente, vedendomi sopravanzare in una sezione della biblioteca di Berkeley, o salire uno di quelli scaloni, sarebbe indecisa se nascondersi od iniziare a correre furiosamente, come per scappare da qualcosa di animalesco, mostruoso, sicuramente letale.









Nabokov



Leggere Nabokov
lo scacchista schematico
l'avido bevitore di tè

l'ingegnoso scrittore di due o più lingue
l'insormontabile inventore del tabù collettivo (di)
LOLITA FUOCO DEI MIEI LOMBI

leggerlo alle due e rotte di notte
in questo teocratico cosmo milanese
intriso di pioggia ottobrina

un liquido sgonfio che si accolla
alle coscienze liberate nella dimora protetta
particelle di corpi aeriformi vischiosi

sulle facciate inverniciate delle case
striate di pulsioni a vario titolo
per giungere alla statutaria affermazione

che questa condizione sia
il massimo della giustizia che possiamo ottenere
in terra ed oltre, in spirito ed in carne

tutto questo, avendo sottomano
l'intera produzione letteraria
del fautore di ditirambi da San Pietroburgo

è un piacere senza paragoni
una lussuria concessa a pochi adepti
una lezione sfingea e deforme

una lecita sostanza che si propaga
di cui si può godere illimitatamente
in un pervadente stato soggiogato mentale

una droga linfatica che penetra molle
l'encefalo sfaldandolo e ricomponendolo
in una equilibrata armonia simmetrica

ragionare su Nabokov l'estensore ipnotico
ora che si sono fatte le quattro e quaranta
è una legge della fisica a cui si tende

una schiacciante presa di coscienza
di come tutti siamo permeabili
di fronte all'assunzione di un fluido cerebrale

di cui non si può fare a meno
anche se fai parte di quella schiera di individui tossici
che si è data una bella ripulita da tempo.








venerdì, ottobre 20, 2023

Giorno di Festa




Davanti agli ostacoli che porrai
mi metterò in piedi & disarmato
da questa collina che rovina
mi farò scivolare & travolgere

basta che sia la tua volontà

& se sarà così, sarà un posto
di battaglia calma placida rovinosa
sarà un luogo per l'ultima sconfitta
un assordante addio & ogni scelta da fare sarà fatta

basta che sia la tua volontà

attraverserò il continente in preda allo spirito possessore
viaggerò bruciando veloce per ricongiungermi a te
come se fosse un nuovo inizio per la grazia concessa ai deboli
dalle lagune paludose dentro a fossi ingannatori
                                             [piegando le pianure

basta che sia la tua volontà

mi infilerò nella luce tagliata & segreta & buia
riflessa da un rasoio baciato in una sacrestia sconsacrata
per vene morbide & disposte & sangue delinquente
                                                        [pronto a fluire
smetterò di parlare, metterò la gola ferma

basta che sia la tua volontà

ogni parola detta solo per la verità
la lingua impastata di calce marmorea
per i desideri di una donna scomparsa
che non ha avuto scelta se non quella di rodere
                                                           [fuggendo

basta che sia la tua volontà

lascia che i figli rinascano nomadi
nel solco asciutto dell'inferno del sudore umano
lascia intatto l'amore fatto da vestiti ad agosto
sotto la quercia della piantagioni del terrore
                                             [& della schiavitù

basta che sia la tua volontà

ti dimostrerò cosa può essere un uomo
trascinato da costa a costa
cosa può fare & raccontare
solo per andare & non voltarsi mai

basta che sia la tua volontà

tuffarmi dove il vulcano erutta
più forte & potente & dissipa violento
con un solo suono muto &d eterno
per il tempo di una sola pausa di silenzio
                            [che dio ha dimenticato
basta che sia la tua volontà

una volta per tutte o solo per una
trascinami tra le tue gambe
& mettimi a tacere & a bagno
ancora con la gioia di un bambino
basta che sia la tua volontà

sappiamo che il Patto è incrinato
senza guardare indietro ai banconi rotti
& le volte che ho fatto a botte per arrivare a te
qualcosa dovrà pur suonare la campana
se questo è un giorno di festa

vengo a trovarti.







mercoledì, ottobre 18, 2023

Genova & il Monte Rushmore



Ci siamo visti a quello
che una volta si chiamava Flanagan’s
625 St Philip S

mi ero tagliato la barba
& Gerald ne era rimasto impressionato
continuava a dirmi che avevo fatto un lavoro fantastico

gli ho detto, sai Gerald
Seneca diceva che nessuno è virtuoso per caso
o forse era qualche stoico od epicureo

ma non importava allora
perché quella sera
abbiamo discusso di politica e del KKK

poi ritornavamo alla faccenda del rasoio
a come si recide il pelo
come si muove e si tende il polso

per tracciare e lisciare tutto
sdradicando l'escrescenza del bulbo
il residuale strato di contropelo

qualcuno ripete che basta andare a ritmo di blues
per vivere questo sbercio voodoo di notte nera
mettersi a scrivere o a leggere

sono sempre i rimedi migliori
& se sei in stato di santità
puoi metterti a pregare & meditare

per sapere cosa fare
quello che va fatto
& quello che non va fatto

è questo che ci definisce come uomini
le nostre parole riversate nei fatti
tra la gente tumultuosa & cianciante

ma si sa, l'oro nasce in America
viene a morire in Spagna ed è sepolto a Genova
oppure nella solitudine del Monte Rushmore.