ANALISI
LUOGO.
Studio in Rue de la Paix a Bruxelles. Tipico studio di psicanalisi e psicoterapia.
SOGGETTI.
L’Analista, il Dottor Frank Winkelm, sulla sessantina.
Il Paziente, Enrie Broussard, sulla quarantina.
A. Buongiorno.
P. Buongiorno. Non guardi l’orologio. Sappiamo entrambi che sono in anticipo. Pago in anticipo, mesi e mesi di anticipo, ergo, ergo, arrivo in anticipo e finisco prima, attacco a parlare prima e finisco in anticipo.
A. Non si può darle torto, non si potrebbe darle contro.
P. Non può o non si potrebbe?
A. Devo farle notare come lei abbia iniziato, come lei abbia iniziato, come fa sempre d’altronde. Procederei anche io, in questo modo, per similitudine o per inerzia, potremmo dire.
P. Come desidera, dottore.
A. Dunque, lei esordisce con un tono colloquiale ed educato, dandomi del buongiorno, dandomelo in anticipo, visto che lei arriva sempre in anticipo, dato che lei arriva prima e finisce di parlare in anticipo, finendo così, per non rispettare l’orario.
P. Mi limito a rispettare il tempo datomi.
A. Bella affermazione, puntuale, gutturale. Fuma molto in questo periodo?
P. Non vedo cosa c’entri il tabacco. Vuole chiedermi anche quanti litri di caffè nero bevo al giorno? Sfioro i due, sia di sigarette che di litri. Due pacchetti di sigarette e due caraffe da un litro di caffè, aroma della casa.
A. Capisco.
P. Dottore caro, mi piace quando si aggrappa al presente, con tutte le sue forze, le più primitive, quel senso vertiginoso di perdita ancestrale che lei ha dentro di sé. Se non ha altro che le resti, rimanga a galla.
A. Sono cinque anni e rotti che andiamo avanti così.
P. Lo dica pure, dottore. Cinque stramaledettissimi anni che proseguiamo a tentoni, tra un mezzo insulto ed un quarto di gesto di comprensione, mi verrebbe da dire, un boccone smangiucchiato, un tratto di fideismo pietistico nelle nostre vite.
A. Io vivo come un bersaglio, ai suoi occhi. Una preda scientifica. Lei mi vuole stritolare, mi vuole sfinire e vuole invertire i ruoli, fin dalla prima seduta. Si ricordi: lei è il paziente, io il suo medico curante.
P. Cinque lunghi anni di parole, sotto il suo personalissimo attacco.
A. Lei non ha più finito una battuta in pubblico, non ha più solcato gli oscuri palcoscenici che tanto amava, figurarsi ricordarsi un copione intero e recitarlo.
P. A me sembra che la recita le riesca sempre, divinamente.
A. Seconda, terza infrazione.
P. E perché non quarta e non quinta.
A. Sesta.
P. Ora, usi quel termine. Mi piacerebbe che lo pronunciasse con quella sua enfasi dispregiativa, quando fa colare il labbro superiore e lo declina negli angoli, facendolo diventare una pasta unica con quello inferiore.
A. Settima.
P. E perché non ottava e non nona. Ah, la nona di Ludwig Van.
A. Perché non finisce mai i nomi, lei? Per irritarmi, è la risposta. Presumo sia una tecnica attoriale, di un autore che si trovi in un profondo stato di crisi, in un blocco, che diciamo duri da oltre cinque anni, un attore od un autore, oramai poco importa, la posso chiamare autore-attore?
P. Caro dottore, mi chiami come voglia. Prima effrazione: blocco.
A. Si ricordi: non bere, non essere violenti, non minacciare. Ciò vale per sé e per gli altri. Non bisogna ricorrere alla violenza fisica né a quella mentale.tanto meno quella che, nel caso di specie, si scagli contro la mia mente di terapeuta, la mia psiche di.
P. Vede che neanche lei finisce i suoi meta-discorsi. Non ha aggiunto il sostantivo compromesso a blocco né quella di trinità, la sua santa trinità: Freud, Jung, Lacan. La mia è Nietzsche, Beckett, Kerouac.
A. Oggi non voglio esprimere giudizi, tantomeno giudizi di valore.
P. Andiamo Franck, tutti sanno che lei è un kantiano di ferro come è vero che io sono un nietzschiano di diamante: non se la prenda.
A. Suvvia, Ernie. Vada avanti.
P. Lei vorrebbe contestare l’ovvio, l’immediato, la fattiva contingenza nella sua essenza primordiale. Lei vorrebbe darsi contro.
A. Suvvia, proceda con l’incisione.
P. Vede lei si perde non tanto di meno di quello che faccio io quando emette certe sentenze inappellabili con il suo sopracciglio. Almeno io enuncio concetti teorici.
A. Quindi lei si sente superiore al sottoscritto, uno scribacchino da blocco, pardon, da taccuino? Questo sono diventato io per lei? Lo so che lo sono sempre stato per lei, anche se nella vita reale lei è fuorigioco ed io no.
P. Non so chi tra noi due, abbia più bisogno di analisi e, o di terapia. Lo so che il paziente prima di me la sconvolge tutte le volte. D’altronde macchiarsi di reati di sangue e dover assolvere l’assassino dentro a quel mollusco d’uomo, non deve essere facile. Oh, adesso sta in silenzio dottore. Sì dia un contegno, non piagnucoli.
A. Non posso darle contro.
P. Credo che il nostro tempo sia finito.
A. Già. A lunedì.
P. Alle 16.50.
A. Come vuole lei Ernie.
P. Come desidera, caro dottor Winkelm.
A. Si riguardi.
P. Si guardi lei, dottore.