sabato, marzo 12, 2016

La Famiglia Klimcko, 1






I Klimcko arrivarono una giornata del 1982. Ricordo bene la data perché quattro mesi esatti prima ero stato licenziato dalla falegnameria di Stato. Avevano rilevato la proprietà dei Figueroa che era stata disabitata e ridotta in decadenza per oltre un decennio da quando il vecchio morì ed i figli se ne andarono per trasferirsi in città ed iniziare una nuova vita, lontana da qua e dalla gente di qua. Io stavo sulla porta finestra della mia cabina in affitto con uno sguardo perso, nella mia salopette, senza aver fatto la doccia per giorni. Non avevo più contatti con la civiltà a causa del mio licenziamento. La falegnameria di Stato era stata venduta ad una multinazionale svedese. Riconvertirono parte delle attività, mandarono a casa due terzi degli operai. Lì dentro più che lavorare il legname, lo impacchettavano e lo spedivano alla sezione arredamenti del nuovo centro commerciale che aveva aperto in città. Cucine, letti, mobili, tavoli, scrivanie, librerie, cassettiere, divani. La gente ne è andata matta. Mobilio a basso costo, da portare a casa ed assemblarlo in pochi minuti. Dalla soglia della mia cabina vidi spuntare il muso di una Mercury Colony Marquis Park con delle grosse fasce di legno applicate sui fianchi della macchina. La pubblicità diceva: nelle famigliari Marquis il lusso e lo spazio si fondono. Splendidamente. Chi era al volante di quell’auto aveva di sicuro sborsato una cifra considerevole. Oltre a starmene in cabina e a guardare la televisione tutto il giorno e a leggere qualche rivista sportiva, mi trovavo costretto ogni dieci giorni ad incamminarmi verso la statale ed andare al centro commerciale per comprare quanto più cibo, alcolici e medicine potessi trasportare e permettermi. Tutta quella strada a piedi, 8 miglia per un privato e solitario supplizio. Avevo dovuto vendere il mio pick-up per andare avanti e i sussidi stavano terminando. Avevo un conto a tre zeri da saldare con il bar vicino alla falegnameria dove tutti andavamo ogni giorno dopo il lavoro, dalle quattro del pomeriggio fino a quando avessimo retto o ci avessero sbattuto fuori. Qualche settimana fa il proprietario è venuto a farmi visita per dirmi che avrebbe chiuso l’attività e che il tempo era maturo per pagare i miei debiti. Non avevo un soldo in tasca così gli diedi il mio pick-up ed amici come prima. La Mercury procedeva a bassissima velocità. I miei sensi potevano anche essere non completamente a pieno servizio, ma a quell’ora del pomeriggio, intorno alle 4.30 e di sicuro prima delle 5, avrei potuto aver bevuto non più di un paio di birre oltre che ad un singolo di whiskey. Cose molto amministrabili. Cose per rompere l’apatia della sobrietà. La serata sarebbe stata ancora lunga. Ve lo assicuro.


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