Aveva pensato che la stagione fosse finita. Che fosse una tregua dalla pioggia. Avrebbe smesso di piovere e con l’autunno avrebbe iniziato a prendersi cura della sua grafia. Voleva iniziare a scrivere meglio. Quando passavo davanti all'entrata, il suo busto si chiarificava a tratti attraverso le lettere della scritta rossa dai contorni dorati sulla vetrina del The House of Malt. Si era detta che spreco, che spreco di tempo lavorare in quel bar per pagarsi gli studi che poi forse avrebbe mollato in pochi anni. Si chiudeva nello sgabuzzino sul retro, un posto chiuso, con un intonaco irregolare e dipinto di nero. La luce proveniva da una piccola lampada appesa al soffitto che si accendeva con una cordicella metallica. Chiudeva la porta e puntava i piedi e le braccia, contro la parete i primi, contro la porta le seconde. Un giorno, appena arrivata al lavoro all 16.45, posò le sue cose nell’armadietto. Indossò il grembiule della House of Malt, se lo allacciò e si mise davanti allo specchio. Aprì il rubinetto del lavandino per far scorrere l’acqua. Lavarsi le mani prima di prendere servizio, diceva il cartello incollato sopra l'asciugamani elettrico. Si diede un’ultima aggiustata ai capelli. Dopo un breve sospiro si guardò la pelle degli avambracci. Sembrò non crederci. Così smunti e opachi. Percorse il breve corridoio di collegamento tra gli spogliatoi e il salone del bar. Prese un giornale della free press; lesse le notizie principali, le strisce di vignette (in cui non ci trovò nulla di divertente), e qualche annuncio pubblicitario. Le cinque erano arrivate ed iniziava il suo turno. Quella sera c’erano i soliti clienti, con le solite storie, più una compagnia di ragazze dagli intenti saffici. Aveva servito birre, qualche cocktail e bicchieri di vino ghiacciato. La musica era una delle solite selezioni rock-blues scelte del proprietario e le erano piaciuti i brani di Rory Gallagher. Le era arrivata una chiamata da sua madre, verso le 23.00. Piangeva come ogni sera per la morte di suo padre. Aveva terminato la telefonata dicendole mamma devo tornare al lavoro adesso. Aveva ripreso a dare da bere e poi avrebbe guardato fuori dalla vetrina. Ed ero io che potevo passare o solo qualcun altro, che non avesse la mia faccia o il mio nome.
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