Quando
l’ho incontrata, o meglio la prima volta che mi sono veramente reso conto di
lei – era la quarta volta credo che la vedevo, aveva dei capelli neri lunghi
fino al sedere al modo di Donna Jean Godchaux, e poco dopo la fine dei capelli
sbucava una copia tascabile di Naked Lunch di Burroughs.
Allora mi era venuto
subito in mente un film di seconda categoria degli anni Settanta con Robert
Redford la cui trama si imperniava su polverosi ed inutili gare di motociclette
su sterrato in quel della California.
Alla
fine del film ti rimangono impressi gli occhiali di Redford - a goccia con
lenti gialle, e quella copia sempre gialla di Naked Lunch che spunta dalla
tasca sinistra del sedere di attillati blue-jeans a zampa, dalla vita bassa,
indossati dalla protagonista femminile di cui non ricordo il nome.
Avevo
ventitre anni e da lì a breve sarei già stato sposato e padre di un bambino di qualche mese. Almeno
questo era quello che gli astri, se si guardavo in cielo, sembravano
preconizzare.
La
mia compagna si era dimenticata di assumere l’anticoncezionale e bam!, eccoci.
Quando
me l’aveva detto al telefono, ero in un corridoio dell’università e stravo
entrando in aula per una lezione.
Rabbia,
angoscia, oppressione, ingiustizia, delusione, disgrazia.
Un’altra
parola iniziava ad impregnare la mia corteccia cerebrale e a defluire nel mio
sistema nervoso e a scendere e a correre in tutto il mio corpo: aborto.
La
mia reazione al telefono fu violenta, con quel tipo di violenza verbale che io
so adottare in certe situazioni. E’ una violenza che rimane impressa e
sconvolge, disorienta e svuota, di solito, il mio interlocutore.
Le
cose tra di noi rovinavano già da mesi e lei se ne venne fuori con questa
notizia.
Dopo
averle messo giù, chiedendole un po’ di tempo, il che voleva dire andare al bar
a sedermi e farmi diverse birre e altro, per fortuna erano già le sette di
sera, e il giorno dopo era sabato, e mentre ero al bancone al secondo giro ed
avevo già chiamato la mia compagna per dirle che avremmo dovuto riflettere bene
perché qualsiasi fosse stata la decisione presa quella avrebbe cambiato tutto,
ho visto Aline.
Aveva
una maglietta fucsia, con un importante squarcio sulla schiena, cosa che notai
in un secondo, un terzo momento, a causa della lunghezza dei capelli ed avevo
una gran voglia di parlarle.
Un’altra
parola, dopo quella di ore prima [… aborto …] spingeva nella testa e batteva
sulla lingua: abisso.
Intanto
continuavo a guardarla mentre discuteva con quella che credo fosse poco più che
una conoscente, perché per essere un’amica avrebbe avuto un eccessivo distacco
o forse il suo stare al mondo era condizionato da una raffinatezza di matrice
intellettuale che la portava ad atteggiamenti del genere, perennemente affettati
nelle movenze e nel linguaggio, immagino, una presa di posizione di enorme
distacco dal mondo e dai suoi abitanti, una dichiarazione universale della sua
prospettiva visiva.
Stava
bevendo un cocktail rossastro: negroni o spritz, viste le venature arancioni.
Tanto
ghiaccio, una cannuccia ed una carnosa e sugosa fetta d’arancia, che
galleggiava in verticale, affogata tra cubetti di ghiaccio scavati ed
appiccicata al bordo del bicchiere sagomato.
Consumare
quel drink denotava una certa sua tendenza al conformarsi, consapevole o meno,
a quello che la tendenza general-consumistica dettava in quel periodo e questo stonava
con quanto detto prima, la mia prima impressione su di lei, l’impressione madre,
non mi piaceva, ma come dice il detto popolare “non si può avere tutto nella
vita”. Pessima citazione.
Dopo
rabbia, angoscia, oppressione, ingiustizia, delusione, disgrazia, abisso e
aborto, era il tempo di una svolta.
L’amica
era uscita a fumare.
Mi
sono alzato e sono andato a parlarle.
Non
ho potuto evitare di notare Naked Lunch.
Oh
bene, mi fa davvero piacere. E’così che abbordi le donne? O sai fare di meglio?
Tutto qua?
Ho
guardato a lungo i tuoi capelli, la tua schiena, la tua maglietta, le tue
movenze, ho sentito come pronunci le parole ed ho visto come muovi le labbra e
come tieni in mano un drink.
Scarsi
progressi. Puoi fare di meglio. O no?
Non
so … Vuoi un numero da clown? Vuoi che ti offra un altro giro? Vuoi andare da
qualche parte?
Guarda
i drink di solito le offrono alle battone. Sarebbe bello andare in giro mentre
tu fai numeri da clown in continuazione. Potrei trovare una scusa con la mia
amica.
Trovala.
Tu
torna al tuo posto. Fatti trovare pronto tra cinque minuti.
Così
fece. Disse all’amica che voleva stare un po’ da sola.
Quando
quella fu andata, mi fece un gesto ed uscimmo.
Mi
chiese “dove andiamo”.
Iniziamo
a camminare.
Ho
una gran voglia di fare tardi.
Domani
è sabato pensai e dovevo solo decidere quale era la mia posizione sul mio
futuro figlio: diniego, non-vita vs accettazione, pro-vita.
Nei
mesi successivi, come si può presumere, la mia vita cambiò.
Qualche
giorno dopo la verità sulla mia prossima paternità crollò. La notizia era falsa.
Lei,
la mia compagna, si era sbagliata.
Comunque
sarebbe stata risoluta verso l’aborto.
Bene,
le dissi. E dopo quest’ultima affermazione direi che la nostra corsa termina
qui, non trovi?
Lei,
disse solo “sì” e un “mi dispiace”, mi dispiace moltissimo, è andato tutto
storto tra noi, non l’avrei mai detto.
Neanche
io. Ti sarò sempre legato.
Anche
io. Sei stato il mio primo uomo, nel senso di uomo vero e di quell’altro senso.
Lo
so, il senso delle carni.
Immediatamente
dopo chiamai Aline.
Ti
passo a prendere.
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