martedì, dicembre 25, 2012

Banksy







Sandra, 2 (continuazione)




Sandra Poulange al tavolino del bar del molo in libertà, con cinque dischi nuovi di pacca dei Floyd, Ummagumma, Atom Heart Mother, Meddle, Obscured by Clouds e The dark side of the moon, Sandra con le sue borse di tela piene di foglietti sparsi dove appuntava freneticamente le sue idee, le cose che aveva letto – ogni tanto scivolava fuori qualche mia frase, Sandra la santa mistica impenitente & atea come la sua carne lattiginosa, densa, gli zigomi segnati da un acne furente, pelle lucida lì ed imbottita da trucchi pesanti, delle paste che la coprivano dalla luce del mondo, di mattina si svegliava e si rimaneva a letto a leggere fino alle quattro del pomeriggio, magari una sceneggiatura, qualche testo sperimentale o forse solo le sue voglie matte, una volta definitivamente alzata & retta iniziava il rito del suo abbellimento davanti al tavolino dei suoi misteri, della sua chiaroveggenza autoreferenziale, guardando le bottiglie a terra finite la sera prima, spingendo gli occhi fuori dalla finestra mentre aveva appena messo su Janis Joplin, Me & Bobby Mc Gee, sinceramente sola & svuotata, in cerca di nuovi stimoli per il suo corpo, si buttava fuori per la discesa fuori dalla porta di casa con i capelli raccolti in una treccia o in una coda di cavallo oppure impagliati sopra la nuca e davanti, sopra il naso, neri grossi oscuranti &d avvolgenti occhiali di sole, preferiti quando pioveva, Sandra imbevuta di piccole ideologie che duravano il momento di una sua espressione, il suo modo di sedersi e di mettere le mani sul ventre, il suo modo di starti sopra come una madre di un’altra civiltà e il suo sospirare, stare zitta, godere e raramente abbandonarsi quando sentiva che stava per venire e dava forti strattoni di bacino per venire ancora più forte, più piena, lungi da lei l’idea di sistemarsi, di ammogliarsi, di trovare una spalla o il conforto della vita in un marito che si prendesse cura di lei – io basto e avanzo, da sola - riservata, timida, pungente, trasognata, dolcemente dissacrante quando stufa od annoiata dal suo interlocutore di turno iniziava a ruotare le dita e a sghignazzare senza motivo, per lei era oltre che odiosa, impensabile ogni idea vicina al mercanteggiare, detestava scendere a patti e a quanto mi risulta mai lo fece, tranne che negli ultimi giorni della sua vita.




5, Pink Floyd










One Of These Days

domenica, dicembre 23, 2012

Alla Tate








questi sono i canti dell’abbandono

conversioni delle gambe
donna in bilico al solito bancone
accerchiata da 2 obesi

capelli anni ‘30
espressione estatica
una vecchia ferita sotto l’ombelico

pagine bagnate
questo è stato un ricordo del 1987
famiglia in vacanza

quella donna
parla di rose appassite
il suo linguaggio

occhi caldi riempiti
sorso & squallido
premio dall’accademia

etichetta sulla bocca
di un sassofonista napoletano
fulve pellicce in testa

scure facce travolgenti
impietose ogni sera
ogni sera un volto nuovo

il volto ridente
di chi appassito dall’alcool
a poco costo (o solo dal tempo)

chi per essersi scelto
un pubblico inadatto
o donne senza schiena

appunti
accordi
accenni

un blues riproposto
sera per sera
conci

chi fa blues
lo fa solo per stare
in questa stanza



parte di essa
o esserne ammesso
& mostrarsi per tale

non ho un osservatorio particolare
vissuto in 4, 5 occasioni
& nient’altro

niente più del blues
chiede di essere qualcosa
1, 2 birre & ancora

dissesti cronici
alfabeti in calce
divisi tra continenti

finta rossa annodata
filologia del suo sudore
sparso sulle spalle

giovani ragazze cinesi
di seconda generazione
con voci rauche sotto il palco

dal palco una leggera distorsione
distonia omofobica
il culmine della serata

pisciate & solitudini blues per lei
scorze verdi schizzano
jcks plck alla tate & tanti saluti.






Già andata







sto bevendo un lungo caffè
solo a casa
per vedere se riesco
a stare sveglio
fino a mezzanotte
per uscire & raggiungerla
                          [al Nidaba
l’ho conosciuta tardi
&d era sola
ora che vuole cambiare città
si parlava di Londra
o Berlino, Vienna, Amsterdam
lunghe notti di incomprensioni
il mondo non è una favola
pronta ad attenderti
sul tavolo della cucina.

DISTRETTI

domenica, dicembre 16, 2012

New Killer Star

Peter G.

Jeff Beck 1972

Jeff Beck Group - Tonight I'll be Staying Here With You

Sugar Cane The sound come from a vinyl. Jeff Beck

Da una vecchia bozza di inizio (racconto)






Ho scritto poche parole nel telegramma di cordoglio per la famiglia Poulange.
Poche parole, spero significative, anche se sono un po’ false.
Quando la gente muore tutti si apprestano a far sembrare straordinarie vite mediocri o perfino misere, a parlare del morto o della morta, come in questo caso, come di un individuo dal vissuto irripetibile, eccezionale.
Ciò è frutto di ignoranza, ipocrisia e di un certo timore che la morte suscita negli esseri la cui sola preoccupazione sia stata vivere in un modo più arrogante, prepotente o quanto meno approssimativo. Fino a qualche decennio fa si utilizzava il termine superficiale per raffigurare tali situazioni.
Rimane il fatto che questa è caratteristica si ritrova negli che dipanano quotidianamente un ossessivo senso di appartenenza, di egoistico attaccamento alla vita.
siano esse persone cosiddette di successo o  perfetti derelitti: entrambe le esperienze possono ben coesistere in un solo corpo …
E’ un atteggiamento irrimediabile dei nostri tempi. E’ un’etichetta ben visibile, sempre a patto che si guardi.
Vostra figlia, Signora e Signor Poulange, per me ha significato molto di più di quello che i fatti hanno testimoniato, molto più di quello che c’è stato tra me e Sandra. Vi sono vicino nel dolore e se Voleste sapere altro su Vostra figlia sarò contento di esaudirVi, nel limite delle mie capacità e della verità. Firmato. N.
Raccontare la verità su Sandra è qualcosa di più di quello che, i cattolici e non solo, chiamano atto di fede. E’ un ritornare indietro di qualche anno, è un tuffo quantomeno disperato in quello che sono stato, quello che ho fatto, quello che ho amato e in quello che ho scritto fino a qui.
Sandra era una delle ultime della classe. Io mi ridossavo sui primi, ma questa non aveva mai avuta nessuna importanza poiché essere primo o secondo della classe nelle scuole medie equivale molte volte ad essere un perfetto imbecille nella vita e perche il mio era in sostanza solo un atteggiamento.
Mi sono sempre piaciute le persone sveglie, dirette e se posso dire, ‘con le palle’, di quelle che quando c’è da parlare parlano, quando c’è da andare vanno e da fare fanno. Magari nel loro modo – spesso la gente li chiama diversi, strani, imprevedibili, bisogna vedere in quale grado di intensità si analizza lo spettro della vita.
Per me e per Sandra o c’eri o non c’eri o si era o non si era – lo definivamo “vivere francamente” - di questo sono sicuro, sicuro come lo sono che sia morta a 37 anni, in una camera di un motel in Messico al confine con gli Stati Uniti.
Sono sicuro perché il suo corpo è stato trovato e l’autopsia ha detto che. Il motel si chiama Pasadilla, stando anche ai dati che ho ottenuto ed ai giornali che ne parlavano l’altro giorno.
Sandra acquistò la mia definitiva e completa ammirazione quando per scelta del nostro insegnante di lettere, uomo insulso deturpato attenzioni pedofili, le fu assegnato il ruolo di riserva della parte di Caterina nella Bisbetica Domata e il caso la trascinò in palcoscenico la sera dell’ultima replica quando l’altra mia compagna di classe cadde in preda ad un improbabile malore.
Tra il pubblico della scuole ci sarebbe stato un regista ed un critico entrambi attirati dal passa voce che si era fatto sulla commedia e che veniva definita discreta dalla cronaca cittadina di uno dei maggior quotidiani del Paese.
L’attrice ebbe un attacco di panico, punto e basta.
Sandra era in camera ad ascoltare a quasi dieci anni dalla sua scomparsa Janis Joplin, il suo mito per eccellenza. Una telefonata dalla scuola articolata dalla voce del pedofilo di cui parlavo (ora sta scontando 27 anni di carcere), la reclamava: Sandra vestiti e vieni di corsa.
Lei venne con tutta calma. Salì sul palco. Due mesi dopo era alla scuola di arte drammatica Paolo Grassi.
Il mio ruolo della recita era quello di far ripetere le battute agli attori, far da supervisore del suono e delle luci e di far, in buona parte, il buffone.


giovedì, dicembre 13, 2012

Non lo sopporto più, pezzi di schema





tu sai che sono vedova
giovane ma vedova
tutto al telefono

ti stavo giusto guardando
l'altra sera
è una cosa che ho sempre odiato

non avevi i soldi per me
per me & le mie bugie dicevi
un giorno silenzioso al funerale

ho un sospetto
dai fa quell'accordo
giorni allo specchio

prendi fiato
dalla bottiglia
tu sai che io sono caduta

latta di mangiare
ceci fagioli aglio
guarda non m'interessa se stai meglio

mi sento sola
non ho un uomo
ne avrei molto bisogno.


I Can't Stand It

33, U.S. random