domenica, dicembre 30, 2012
sabato, dicembre 29, 2012
martedì, dicembre 25, 2012
Sandra, 2 (continuazione)
Sandra Poulange al tavolino del
bar del molo in libertà, con cinque dischi nuovi di pacca dei Floyd, Ummagumma,
Atom Heart Mother, Meddle, Obscured by Clouds e The dark side of the moon,
Sandra con le sue borse di tela piene di foglietti sparsi dove appuntava
freneticamente le sue idee, le cose che aveva letto – ogni tanto scivolava
fuori qualche mia frase, Sandra la santa mistica impenitente & atea come la
sua carne lattiginosa, densa, gli zigomi segnati da un acne furente, pelle
lucida lì ed imbottita da trucchi pesanti, delle paste che la coprivano dalla
luce del mondo, di mattina si svegliava e si rimaneva a letto a leggere fino
alle quattro del pomeriggio, magari una sceneggiatura, qualche testo
sperimentale o forse solo le sue voglie matte, una volta definitivamente alzata
& retta iniziava il rito del suo abbellimento davanti al tavolino dei suoi
misteri, della sua chiaroveggenza autoreferenziale, guardando le bottiglie a
terra finite la sera prima, spingendo gli occhi fuori dalla finestra mentre
aveva appena messo su Janis Joplin, Me & Bobby Mc Gee, sinceramente sola
& svuotata, in cerca di nuovi stimoli per il suo corpo, si buttava fuori
per la discesa fuori dalla porta di casa con i capelli raccolti in una treccia
o in una coda di cavallo oppure impagliati sopra la nuca e davanti, sopra il
naso, neri grossi oscuranti &d avvolgenti occhiali di sole, preferiti
quando pioveva, Sandra imbevuta di piccole ideologie che duravano il momento di
una sua espressione, il suo modo di sedersi e di mettere le mani sul ventre, il
suo modo di starti sopra come una madre di un’altra civiltà e il suo sospirare,
stare zitta, godere e raramente abbandonarsi quando sentiva che stava per
venire e dava forti strattoni di bacino per venire ancora più forte, più piena,
lungi da lei l’idea di sistemarsi, di ammogliarsi, di trovare una spalla o il
conforto della vita in un marito che si prendesse cura di lei – io basto e
avanzo, da sola - riservata, timida, pungente, trasognata, dolcemente
dissacrante quando stufa od annoiata dal suo interlocutore di turno iniziava a
ruotare le dita e a sghignazzare senza motivo, per lei era oltre che odiosa,
impensabile ogni idea vicina al mercanteggiare, detestava scendere a patti e a
quanto mi risulta mai lo fece, tranne che negli ultimi giorni della sua vita.
domenica, dicembre 23, 2012
Alla Tate
questi
sono i canti dell’abbandono
conversioni
delle gambe
donna in
bilico al solito bancone
accerchiata
da 2 obesi
capelli
anni ‘30
espressione
estatica
una
vecchia ferita sotto l’ombelico
pagine
bagnate
questo è
stato un ricordo del 1987
famiglia
in vacanza
quella
donna
parla di
rose appassite
il suo
linguaggio
occhi
caldi riempiti
sorso
& squallido
premio
dall’accademia
etichetta
sulla bocca
di un
sassofonista napoletano
fulve
pellicce in testa
scure
facce travolgenti
impietose
ogni sera
ogni sera
un volto nuovo
il volto
ridente
di chi
appassito dall’alcool
a poco
costo (o solo dal tempo)
chi per
essersi scelto
un
pubblico inadatto
o donne
senza schiena
appunti
accordi
accenni
un blues
riproposto
sera per
sera
conci
chi fa
blues
lo fa solo
per stare
in questa
stanza
parte di
essa
o esserne
ammesso
&
mostrarsi per tale
non ho un
osservatorio particolare
vissuto in
4, 5 occasioni
&
nient’altro
niente più
del blues
chiede di
essere qualcosa
1, 2 birre
& ancora
dissesti
cronici
alfabeti
in calce
divisi tra
continenti
finta
rossa annodata
filologia
del suo sudore
sparso
sulle spalle
giovani
ragazze cinesi
di seconda
generazione
con voci
rauche sotto il palco
dal palco
una leggera distorsione
distonia
omofobica
il culmine
della serata
pisciate
& solitudini blues per lei
scorze
verdi schizzano
jcks plck alla
tate & tanti saluti.
Già andata
sto bevendo un lungo caffè
solo a casa
per vedere se riesco
a stare sveglio
fino a mezzanotte
per uscire & raggiungerla
[al Nidaba
l’ho conosciuta tardi
&d era sola
ora che vuole cambiare città
si parlava di Londra
o Berlino, Vienna, Amsterdam
lunghe notti di incomprensioni
il mondo non è una favola
pronta ad attenderti
sul tavolo della cucina.
domenica, dicembre 16, 2012
Da una vecchia bozza di inizio (racconto)
Ho scritto poche parole nel
telegramma di cordoglio per la famiglia Poulange.
Poche parole, spero
significative, anche se sono un po’ false.
Quando la gente muore tutti si
apprestano a far sembrare straordinarie vite mediocri o perfino misere, a
parlare del morto o della morta, come in questo caso, come di un individuo dal
vissuto irripetibile, eccezionale.
Ciò è frutto di ignoranza,
ipocrisia e di un certo timore che la morte suscita negli esseri la cui sola
preoccupazione sia stata vivere in un modo più arrogante, prepotente o quanto
meno approssimativo. Fino a qualche decennio fa si utilizzava il termine
superficiale per raffigurare tali situazioni.
Rimane il fatto che questa è
caratteristica si ritrova negli che dipanano quotidianamente un ossessivo senso
di appartenenza, di egoistico attaccamento alla vita.
siano esse persone cosiddette
di successo o perfetti derelitti:
entrambe le esperienze possono ben coesistere in un solo corpo …
E’ un atteggiamento
irrimediabile dei nostri tempi. E’ un’etichetta ben visibile, sempre a patto
che si guardi.
Vostra figlia, Signora e Signor
Poulange, per me ha significato molto di più di quello che i fatti hanno
testimoniato, molto più di quello che c’è stato tra me e Sandra. Vi sono vicino
nel dolore e se Voleste sapere altro su Vostra figlia sarò contento di
esaudirVi, nel limite delle mie capacità e della verità. Firmato. N.
Raccontare la verità su Sandra
è qualcosa di più di quello che, i cattolici e non solo, chiamano atto di fede.
E’ un ritornare indietro di qualche anno, è un tuffo quantomeno disperato in
quello che sono stato, quello che ho fatto, quello che ho amato e in quello che
ho scritto fino a qui.
Sandra era una delle ultime
della classe. Io mi ridossavo sui primi, ma questa non aveva mai avuta nessuna
importanza poiché essere primo o secondo della classe nelle scuole medie
equivale molte volte ad essere un perfetto imbecille nella vita e perche il mio
era in sostanza solo un atteggiamento.
Mi sono sempre piaciute le
persone sveglie, dirette e se posso dire, ‘con le palle’, di quelle che quando
c’è da parlare parlano, quando c’è da andare vanno e da fare fanno. Magari nel
loro modo – spesso la gente li chiama diversi, strani, imprevedibili, bisogna
vedere in quale grado di intensità si analizza lo spettro della vita.
Per me e per Sandra o c’eri o non
c’eri o si era o non si era – lo definivamo “vivere francamente” - di questo
sono sicuro, sicuro come lo sono che sia morta a 37 anni, in una camera di un
motel in Messico al confine con gli Stati Uniti.
Sono sicuro perché il suo corpo
è stato trovato e l’autopsia ha detto che. Il motel si chiama Pasadilla, stando
anche ai dati che ho ottenuto ed ai giornali che ne parlavano l’altro giorno.
Sandra acquistò la mia
definitiva e completa ammirazione quando per scelta del nostro insegnante di
lettere, uomo insulso deturpato attenzioni pedofili, le fu assegnato il ruolo
di riserva della parte di Caterina nella Bisbetica Domata e il caso la trascinò
in palcoscenico la sera dell’ultima replica quando l’altra mia compagna di classe
cadde in preda ad un improbabile malore.
Tra il pubblico della scuole ci
sarebbe stato un regista ed un critico entrambi attirati dal passa voce che si
era fatto sulla commedia e che veniva definita discreta dalla cronaca cittadina
di uno dei maggior quotidiani del Paese.
L’attrice ebbe un attacco di
panico, punto e basta.
Sandra era in camera ad
ascoltare a quasi dieci anni dalla sua scomparsa Janis Joplin, il suo mito per
eccellenza. Una telefonata dalla scuola articolata dalla voce del pedofilo di
cui parlavo (ora sta scontando 27 anni di carcere), la reclamava: Sandra
vestiti e vieni di corsa.
Lei venne con tutta calma. Salì
sul palco. Due mesi dopo era alla scuola di arte drammatica Paolo Grassi.
Il mio ruolo della recita era
quello di far ripetere le battute agli attori, far da supervisore del suono e
delle luci e di far, in buona parte, il buffone.
sabato, dicembre 15, 2012
giovedì, dicembre 13, 2012
Non lo sopporto più, pezzi di schema
tu sai che sono vedova
giovane ma vedova
tutto al telefono
ti stavo giusto guardando
l'altra sera
è una cosa che ho sempre odiato
non avevi i soldi per me
per me & le mie bugie dicevi
un giorno silenzioso al funerale
ho un sospetto
dai fa quell'accordo
giorni allo specchio
prendi fiato
dalla bottiglia
tu sai che io sono caduta
latta di mangiare
ceci fagioli aglio
guarda non m'interessa se stai meglio
mi sento sola
non ho un uomo
ne avrei molto bisogno.
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