E’ solo Miles Davis
che vuoi sentire
ti attendo con una foga
cancellati gli altri
rimani tu
cliente per quattro ore
sulle mie parti
usate date in pegno & riscattate
devi arrivare
con una giacca marrone
e un’espressione
fatti consolare
vuoi essere curato
con sistemazioni umane
non che una come me
possa pretendere
ma volerti sì
da quando ho guadagnato
il tanto per essere libera dai padroni
vuoi che ti racconti della terra
dove hanno iniziato a prendere
la mia schiena
il mio sesso
la bocca
a farmi girare come una coperta
di uso comune
vieni qui
ti versi da bere
c’è mai stata per me
una trionfale battitura a macchina
e se non trionfale
almeno sentimentale
qualcosa di vicino all’umano
c’è mai stata
una battitura umana
in cui parlavi di me
od almeno ti riferivi a me
ti rifacevi a noi
anche stravolgendo le cose
ma non snaturandole del tutto
farmi vivere attraverso le parole
tenermi in vita
con una lunga e impegnativa frase
una sorprendente sequenza
di termini accurati
i soliti gesti
a cui ti lasci
trent’anni invecchio
sentirsi una colla su uno scaffale
ammalata
hai detto
che non lascerai
che ci siano spiragli
tra di noi
mai più
farti una sorpresa io
cosa ho fatto io
anche se dici che sono
molto meglio del resto
domani vai a teatro
il posto non lo troverò da seduta
in perenne esilio per queste paure
per i telefoni annodati
nelle ore rincorse
dietro i grovigli dei colli
ti saresti sentito meglio
se l’estraneo non fosse morto
ti concedi ancora qualcosa
mentre suo padre si trapianta
spilloni arrugginiti
nei fianchi delle orbite
la madre sulla poltrona di concepimento
respira a scatti
per la figlia deturpata
blaterante in fraseggi di fine corsa
una al funerale dice
piango un uomo giovane
di matrimonio di figli e di moglie distante
è stato il fratello di mio marito
a lui si accompagnava
in momenti diversi
stento a figurare stazioni
dove i cadaveri stanno su un tavolo
aggrappati con quel che rimane
un’altra donna commenta
se è finito a grondare
in lamiere roventi
ho avuto una la liaison con lui
un altro rifiuto da me
le mezze serate strappate
nel desiderio della mia gonna
ora conta solo lo sguardo
di uno sciacallo impaurito
che su quel muro di paese
piantava la sua ombra
negli inverni dati per dispersi
e per questo non dimenticati
quello parlava
di sacchi pesanti di sabbia spessa
per dare il giusto peso
ad un corpo che va messo sotto
certi terreni fanno certi orribili scherzi
nel cavo di macerie spettrali
dove lo sistemeranno
dove lo caleranno
il dolore il rispetto la convenienza
saranno una camicia sbottonata
ed una borsa posata su una sedia
nel rientro a casa
inizia a far caldo
chiusi nelle stanze di hotel
siamo solo a metà dell’anno
fermi con le mani legate da un fiocco
emarginati dello sgabuzzino
ispirati a Rubens Rothko
le prede perse di vista
hai ripreso a dire
chino a mescolare
liquidi vitali con letali
hai dato uno sguardo
ai ponti inabitati
attraverso il buco muto di un corno
nei quartieri del mercato
l’ebbrezza mattutina dei tuoi baffi
la mia peluria insaponata
sulla tua meditazione esausta
nei pleniluni sola condizione possibile
ridurre la parola all’etimo dell’esistenza
poggiare due litri
sulle palpebre portate in giro
lungo gli anni
sul fondo dell’incavo
dell’intestino materno
un non niente
nell’avversione dei tuoi appunti
una piccola misterica rabbia repressa
ossessioni di una metafisica parascenica
concezione possessiva
pronunciate complessità
mettere ordine dove non sarà
noia sulle maniche degli altri
dedizione a mezzoservizio
un daffare sospetto
insegne del tutto disponibile
stato al piano di sotto
l’intero novembre seduto
a guardare
fuori tutto si alternasse
da bambina non dimenticavo niente
una sorella piangente di visioni
riversa nella luce debole dell’infanzia
un’esibizione fallita in un deserto
non devi pagare
le frasi felici
la poca fiducia
per una morte a credito
raccontare & credere
tremori nascosti per mesi
sulla tua mano sinistra
la pelle tenuta su dal teschio
sto parlando della mia
lentiggini su un vetro indaco diafano
la contrazione della fronte
affrontiamo ancora la terra dei morti
mia madre non s’interessa di me
non mi parla
si può essere accorta dei segreti
della mia giovinezza affaticata
in notti dalla luce orizzontale
i bistrot stridono sporchi avvenimenti
una tiene le cosce
sudate accavallate
coperte da calze tirate opache
studia tra le dita uno smalto
per incontri a malapena privati
annota su un giornale straniero una data
si mette da parte
con braccia granose che seguono
le curve marginali del corpo
si rotola del tabacco
fuma sterile ed ossessiva
digrigna la faccia dai contorni pastosi
bisbiglia odiosi salmi
fa il vuoto in testa
si concede un drink dopo l’altro
accenna preghiere storpiate
per fiacchi uomini di chiesa
esausti nel quartieri del vizio
ora tenta di dire
cos’altro se non questo
maneggia nel cappotto di velluto viola
colpisce un uomo con uno schiaffo
lui risponde con un calcio
ammissioni tantriche & sarcasmo naturale
una sacerdotessa qualsiasi & il suo capro
ormoni sconquassati per carezze
& dolci ripicche
l’uomo sta mollo & svuotato
nell’angolo dell’incompiuto
quasi si accascia in una resa incondizionata
sono le labbra piegate di lei che sta guardando
affogate in boccali di birra ferma
lui ingoia il whiskey che può
gengive rassegnate all’impatto
l’ingegno assassino di Ulisse
ora non torna utile
strizza il cervello madido
nell’ineluttabile modalità dell’udibile
ricurvo ripensa alla vedovanza della madre
calca i palmi su rughe sconsiderate
un giorno finirà di scrivere
e verranno a prenderlo
chiuderanno la porta
e finirà di scrivere
lo porteranno
in una piazza messianica
dove già era stato
fiori bagnati in terra
bidoni beole cattedrali
solito chiacchierare d’amanti al crocicchio
gente scuote zazzere intellettuali
in pochi metri si può fallire
o essere credenti
poeti laureati cercano il proprio giudice
deposizioni sulla filosofia
non è mai stato un discorso pratico
visto che serve a vivere
tutti sovraeccitati
per la grande mostra di Francis Bacon
esterrefatti davanti all’immagini
dell’atelier di legno & schegge
e alle sue vicende con George Dyer
tutta quella storia
poteva sorreggere il trittico del ‘71
persino i tre grandi trittici neri
dopo la retrospettiva al Grand Palais
sembra che abbia dipinto
almeno ventotto trittici
i più devoti ricordano
i tre studi per una crocefissione del ‘62
un capitolo di un saggio su di lui s’intitola
Francis bacon o la verità urlante
alcune volte viene detto
delle vite dei nostri artisti
del loro stato
la stanza XLI tra tasche di tappezzeria
offre il puro caso fortuito del genere umano
un’ottima visione
che può arrivare da una trance
o da un’assenza totale
e un’assenza totale
non è altro che una trance
come per tutti la strada
è un accordo
schizzano smascellano
sbattono la testa contro i muri
ti augurano di non essere mai nato
molto contento che parliamo
in tutto questo
possiamo trasferirci al bar
appoggiati su gomiti
raccontarcela
nella sporca menzogna
appena versata in gola
continuare a parlare dell’affare
senza interruzioni
l’importante è che i capillari
non ti si facciano tutti blu
e che non mi parli ancora
dei corpi di George Dyer
& di Francis Bacon
cosa cercavi
dimmelo
l’amore nel bagno di dietro
ho portato la bambina fuori
da almeno venti giorni
ne avevo bisogno
il cemento stanco sotto i lampioni
l’eroina atmosferica
una santa madre rivoltata nella bellezza
al cospetto di una pesante trama allo specchio
alla mattina tradiremo noi stesse
concetti di trucco dichiarati
inutile vocazione
gemma scheggiata di pazzia
splendida idolatria di un volto
profetessa stabilita tra le genti
con un ramo di mandorlo fiorito
raccolto dopo la lapidazione
una divisa da carcerato disossata
l’ultima invocazione tra i capelli schiariti
di una donna con un foulard impagliato in testa
ha dato via il costume di scena
ora ha le gote imbevute
della maternità che porta in pancia
in un autunno che non viene mai
aperta la cassa e messi i soldi in pugno
unghie mangiate
commesse assunte
per piacevoli fondoschiena
ed una discreta parlata
datti da fare
senti la macchinazione della cassa
e le perle nere in tasca
avventori picchiano
lo scarico del wc
rimbombano i campanelli religiosi dei lobi
la ruvida lucidità di un rasoio
passa davanti
una misconosciuta ragione ti porta fuori
a sfilare una parrucca ad una sconosciuta
& spezzare gambi alle rose
che te le avessero mai regalate
una madre tutta famiglia
sbava leggendo il giornale
inchiesta per prostituzione
il nome è quello di suo padre
un dosato & stimato uomo di società
in questi casi &d altri
Rembrandt gira sempre
con un asciugamano bianco in testa
tra paranoie sbiadite sui bordi dei tavoli
e dice
mai fregato del mondo
o fregato troppo
perso l’orgoglio per del caffè
& Brubeck su di giri
camminare zitto facile
tempi frazionati non troppo
prima che una dimensioni crolli
& se ne faccia avanti un’altra
tra bandiere deformi
avvolte in rosari gettati & sparsi
dall’aldilà non arrivano sempre in pace
nell’ora della sacrosanta deposizione
mozziconi di bestemmie alla manifestazione
pacifisti devoti all’acido fenico barcollano
cartelli con lamentele
sussurri sbraitati poco goduti
dopo una scarica elettromagnetica all’occipite
un tamburo nell’ora del debito
si era pronti a tutto
dopo un’ultima doccia in camera
per le responsabilità delle cattive abitudini
che hanno portato a non saper mettere
le mani su un piano
a quasi trent’anni
ridursi a parlare solo di musica con chiunque
nei giorni di Utrecht Haarlem & Bruxelles
non si è riuscito a far altro con la bibbia
ladri infantili in cerca del padre
in coda per una redenzione a buon mercato
nel paradiso perduto squarciato
da un collo di bottiglia
uno spasmo nella metamorfosi
nei giardini di Babilonia
sono necessari piccoli atti anticonformisti
far perire la casa della nutrice
negli schiamazzi liquidi di un night bar
dove s’infrangono i bicchieri
proposte fatte finite avvolte
in un foglio di carta colorata
in partenza la scepsi
e dopo molta solitudine
a lungo coricato di buonora
tanti diciassette anni caldi
sui tuoi vestiti
apparsi tutti insieme
un amore per il compleanno &d un bell’abito
una maschera di cartapesta
dove la signora mi avrebbe voluto
una lettera non letta
di Whitman ad Emerson
cambiamenti epocali
per affetti che durano vent’anni
da quando ci si conosce
nonostante aver imparato
a fare tutto da soli
uccelli sui fili dello straccio steso
sui seni di una necromante
a cui sono nato addosso
perfino dentro
un dio che aveva detto ad abramo
che la volta dopo
avrebbe dovuto ammettere
e che non aveva mai compromesso
in una vita pezzo di corsia
visto nelle folle dei musei
ho guardato
quando sei stata aperta
sono uscito da una scommessa chirurgica
è stato detto
i graffi dati verranno restituiti
i trucchi fatti per te
il randagio nascondi crimini
il tempo batte il vantaggio
di non essere ricordato
scriverci qualcosa contro
solo per un taglio da fianco a fianco
l’idea del figlio
in quell’abito enorme
con occhiaie di piombo
in cucina da quattro ore
la filodiffusione dà la lirica
un ventilatore dilata
l’odore di liquore irlandese
da fuori una luce bluastra spinge
impregna la retina sommessa
sottomano pessime traduzioni di Yeats
dopo aver battuto una farsa tragica
sulla storia della follia
nell’età classica
in un processo chimico di ipermnesia
altrimenti detta
le disavventure della virtù
venire ad aprirti la porta
con le movenze di un camaleonte morbido
filtrando fischi di summertime
prima di affrontare luridi interessi
e constatare che qualcuno va servito
districandosi tra carcasse tibetane
oltrepassare alla maniera di una deità disinibita
ti dico
faccia di bambola
non fare una delle tue cospirazioni
le risposte sono le stesse
ci si annoia a darle
davanti ad un Mozart di cartone
in un’estate rimasta
per la lettura orale dei misteri
ripetizione di un movimento largo
della 5a di Shostakovic
da seduto commento il gioco del mondo
nella cornetta del telefono nero
il rotolo delle tue dimenticanze
un grande inquisitore dai pro e contra
il discutibile rigore
con cui si legge Cortazar
la distrazione dei gesti
sotto il vestito che ti ho regalato
preso su quella bancarella ambulante
un’illusione che continuiamo a farci
magari con un sorriso ingioiellato
una teurgia a basso costo
di sera a tavola
prima che un domani venga ancora
e non si abbia tempo per le scritture
e per le domandi giovanili
andando in contro alle dune
affrontando la parola desolazione
apostrofando Malachia
perché è l’ultimo della scorta
aboliremo la ghigliottina
iniziando dal piano di sotto
proclamando riflessioni
sulla pena di morte
con le urla di un soprano
su una tomba
Lolita di mezz’età
il tuo sesto cocktail di fragole & tequila
non importa se hai rubato
la trousse a una passante
il malto e il latte della baia
stanno placidi
avevi chiesto a tuo padre
di cambiarti il nome
certo che eri piccola
ora non sai che ansimare
conseguenze di un pianto sborniato
a mani congiunte
una mattina di scarsa devozione
secondo la logica del dover essere
applicata al tuo zoo femminile
so di un uomo che è stato fregato
poco dopo essere tornato in albergo
crollato in un lavandino
per esaudire la trinità
fatte le condoglianze
alla signora Mollose
per dovere di sorta
se tu mancassi per un po’
la casa sarebbe vuota
dirti che tutte le parole le ho inventate
una ripetizioni eterna causale
più della tintura che ti sei data
la ricompensa di tutto questo tempo
è la carne nella rubrica
in stanze d’affitto
scendere alla caffetteria di fronte
prostituzione durata secondi
mitologia violata al primo approccio
ti rimane da mimare
la strega triste & genuflessa
fotografata in stazione
l’impermeabile macchiato & stropicciato
il bianco & nero dello sviluppo
qualche insegna di tavole calde nel sottopassaggio
l’uscita è indicata da una luce verde
vorresti mandarla in frantumi
non abbiamo avuto molto da dirci
mentre altri andavano a sposarsi
siamo rimasti a guardare
le scatole di Cornell
vicino ai binari
una cannery row immaginaria
mercanti di banconote
dalle mani tumefatte & dal viso gonfio
sedicenti transfughi
più fatti che finiti
tipi ossa & articolazioni
indifferenti assassini
alcolizzati pronti a far man bassa
tetri maniaci della solitudine
entrata in casa hai detto
che fai
è solo la Kreutzer
le ombre non stanno su di noi
per i miei blues parlati
il letto coperto
dal tuo corpo in disparte
vodka polacca in un lembo
erano anni che la lasciavi sul comodino
sopra la grassa polvere di un creatore lucido
depressi profili di un becchino induista
lascia la tua placenta abbandonata
un vagito al gasolio a mezz’aria
per la gioia di Fedor
rimasto giocatore radiato
tengo ancora lapis nel polsino
per andare all’ultima replica
della città di Agota
fuori
dove nessuno si preoccupa di vivere
una madonna illuminata legge Eastlake
cristi disillusi vagano per gabinetti pubblici
dopo aver preso parte allo scisma della collina
ora frequentano solo i bassifondi degli inascoltati
nessuna soluzione per il cappellaio
che ritrae le sue bambine
dichiarazioni sadiche
l’inferno c’è ed è eterno
o più semplicemente sono gli altri
dietro questa pozzanghera non c’è molto
mi dispiace
per la morte nel pomeriggio di boulevards
le bobine-bocche parlano di quotazioni crollate
masticando ceri su sedie a dondolo
ancora un mestruo venuto facendo l’amore
è una storia catastrofica a doppia lettura
ti ho stretta forte
per soffocare il tintinnio delle sfregature
detti di un certo futuro
è l’unico tempo che non c’è
ha spazio solo nelle nostre menti
ho accettato il rancore
per far facili i nostri discorsi
mi sono girato
eri ferma
eri nuda
ho guardato avanti
qualcosa di allacciato male
sulla tua pancia
coperta dalla gravidanza
ho inchiodato le assi del pavimento
tu sola indossatrice
delle tue suole & calcagni
ho preso in prestito dei soldi
per pubblicare quella tua plaquette
sui distretti della privazione
quel tuo discernere rapsodico
continui a scavarti nelle braccia
hai delle ossessioni
te le fai ogni ora
moltiplicando il buio
una cantrice di una generazione di reliquie
confidenze in rue des pretes
inutili schiarite della fede
nel tempo sospeso dell’incarcerazione
per le nostre convinzioni
mancate esecuzioni su seta bianca
di una sottoveste guerresca
il tuo impero fatto di codici di pietra
gli eserciti inghiottiti
nei tuoi organi
quattro mura storte
dove stare quattro mesi
osservare dal balcone
il rumore che fai
nel camminare
rintracciarti in un notturno Chopin
tenere le mani su un tavolo
bimba psicotica
i versi che fai nel vestirti
in un alfabeto slavo
una confusa conversione incestuosa
con il profumo premuto sulle arterie
discutere sui testi sulla povertà
di un chansonnier incosciente del popolo
processato condannato degenerato
per qualche motivo caduto in disgrazia
prendere le proprie difese
in una laica persecuzione
sullo stare al mondo
una consolazione taciuta
per farti toccare
quanto vuoi
cosa vuoi
avere una voce più calda
a fianco di un emulo di C. Baker
altra cenere sulla lista dei complotti
l’inchiostro lasciato nei giuramenti
con le ultime dita della mano sinistra
assumendo una posizione mentalmente divaricata
dirimendo promesse istantanee
uragani che montano fuori
travolgendo la stagione
cessando di porre correzioni
al territorio dei comportamenti
tradimento violenza stupro
un vocabolario di esperienze
in equilibrio su un fondale
attraverso il vetro della cabina telefonica
con la faccia voltata
mi hai mandato un’occhiata di scherno
se hai mistici abiti
domani non prenderli
bagna la porcellana del cubicolo
annusa le bestie a petto scoperto
accertati che le api siano sotto chiave
e che non esista una versione ritrattabile
parla pure alla Blanche DuBois
agitati elegante
godi femminile
gira i sassi
sperimenta un completo distacco
amplesso coito orgasmo orgia
termini dall’etimo antico
in un sacrificio verbale
quando non saprai
e non vedrai
sarò andato con una cassetta metallica
& dei nastri imbevuti di nero
in un sacchetto nero
cederai alla sopportazione
allo soffio di una lebbra lessica
volare le bottiglie fino allo sfinimento
rammentandoti delle tracce sulla faccia di cassandra
saltare i cardini delle porte
quasi immobile
nel roseo groviglio dei tuoi affari erogeni
in cui hai giaciuto sbattuta
una strana forza nel leggere
il nuovo T. Williams
abbandonato per ore ad un bancone
con le memorie di questi anni
ti scrivo qualcosa
un regalo perché triste
ti porterò un gomitolo
dai miei blocchetti
il tuo esame di fertilità
innocenza da confessare al carnefice
con cui hai convissuto quattro mesi
librerie di mezzo mondo chiudono
è solo un’altra parte
che hai rifiutato
tanto tempo da quando
credimi non ricordo
abbruttito & sconfessato
in un giorno da calpestare
nella bolla bruciata del buonsenso comune
pulire la montatura & le lenti
la brama di un corpo umano non sazio
da martin eden a john barleycorn
un po’ di pelle
dimmi
una proiezione sulla parete cieca di un caseggiato
calde ingiallite sequenze
incendio
le sagome delle tue grinfie appassite
ho dato le dimissioni dal lavoro oggi
preso il largo girando
riflettuto
in vetrine di strumenti musicali
nessuna ragione per tornare
pronto quando lo eri tu
ai piedi del letto
standard jazz strimpellati
un inconscio costretto a decidere
tra il rosso & il nero
ti è sempre piaciuto scrivere di donne
quella volta il ritardo del treno
ti ha fatto andare fuori di matto
un timbro di voce grave
uno sguardo come un marchio nelle carni
è quello che non si è detto
durante una lunga tirata di facce
un buon prezzo ottenuto
per una fioritura decennale
confrontare le note
uno studio per quinte
interpolare sfumando
mia madre aveva iniziato a scoprire
le parti più provate del corpo
per diventare una donna più desiderabile
s’aggirava con disinvoltura
con l’accompagnatore di turno
dopo che il nonno era morto
spese tutto in scarpe pellicce borse trucco
& prese anche a me qualcosa
ma non abbastanza
per farmene sentire il sapore
godimento & disgusto
che un’adolescente è pronta a provare
sull’orlo del primo tentativo di sbronza
o perfino di buco
sola & cagnesca
andarsene in giro
con il libro di ester
era uno dei suoi maggiori vizi
tutti facevamo la stessa cosa nel quartiere
sceglievamo una via per il piacere
diretta veloce che fosse
periferica accettata che rimanesse
cavità oculari dilatate
orbite dilaniate
la difesa della sessualità
a modo nostro
una casa di sole donne
dove passare
armadi sepolti
per essere nude
diossanto fisse in alto
immagini di ishtar-vergini devote
veli nuziali cinti sui fianchi
due oracoli ultraveggenti sul petto
sembro una donna dalla pelle annerita
hai detto
hai visto quella donna
che si asciugava la fronte
nella soffitta del locale
dove ti capitava di fare delle letture
i braccioli della poltrona incarnato prugna
la retorica sulla diversità di età
la mia presenza in quelle situazioni
una leggera dannazione sull’asse del mondo
nel mattino avevi scritto su un rotolo
tutte le interpretazioni
poterti guardare nelle ore
in cui abbiamo poco da spartire
con il mistero di accuse brutali
sul mio conto
illazioni mature su trascorsi in prigione
sposarsi in tempo di lutto
con una benedizione
empia & devastante
al settimo giorno l’ozono
si è saturato di livore & brandy
nuvole schiacciate da calciare
incubo di zinco
trovare la salvezza
in un trattato logico filosofico
un’argomentazione
contro la mia aggressività mistificatrice
Medea non sta a Corinto
è nel pozzo del tuo respiro
dovrei farti deportare
e fare penitenza sulle cicatrici
che fin qui abbiamo riaperto
incuranti delle conseguenze
ammattiti nelle complicazioni
un catino di stagno
dove si sciacqua
& si fa deperire il linguaggio
modificandolo in qualcosa d’altro
difficilmente riproducibile
quasi irripetibile
nella posta cercare le risposte
lettere corrotte di rifiuto
accatastate nella cassapanca delle ispirazioni
anni di dicerie mancate
aspirazioni & presunzione
riconoscimenti & delusione
credente & disperante
ho pensato di perdere tempo
solo nelle cose
che tutti reputano
utili & danarose
dove sta il disonore
nei bevitori di Van Gogh
nelle sue stanze
ponti campi mangiatori di patate
le vie parigine del suo compare Utrillo
& i sanguinosi soggetti di Soutine
sei stata una regina insana
fatto le condoglianze
ti tocchi la carotide smidollata
andando verso il bagno
dove aprirai l’armadietto
e guarderai quel flacone
che si sta svuotando
peste nella necropoli delle tue pulsioni
adesso che le cose sono diventate controllabili
che stanno nei limiti di un dialogo accettabile
fai una propaganda di smorfie
derisione sdegnata
purgatorio inconsolabile
sopra bauli di demoni dementi & vagabondi
l’intima inquisizione dei tuoi atteggiamenti
fino al delirio eucaristico
dichiarazioni apocalittiche & viscerali
la suggestione di certi rimproveri
l’insinuazione in certi momenti
l’ingenerata insoddisfazione
tutto a causa delle mie fughe
un’allusione delittuosa su colpe
frasi rapinate dalle biografie lette in febbraio
Pollock ruzzolato in un fosso di Springs
una richiesta di cambiamento nei miei confronti
trovare uno spazio vitale
mi piace la luce sui tasti stasera
ti tocco la collana
presa tre anni fa
canti quella ballata spiritata
quella convivenza nel marais
in questa vita ci vuole troppo tempo per capire
hai ripetuto leggendo i tropici
quando li hai scoperti a diciannove anni
& che i Miller ti sembravano tutti uguali
ritornando da una serata
in un’enoteca
dove ballavano uno squallido tango
sul portone rabbuiando
sbraitando ingobbendo
quasi urlando
è possibile qualcosa d’altro
questa notte come le altre
a quest’ora
quando mi fai diventare orfana
prima che il sole riprenda a rotolare
sopra il quartiere
nelle orecchie frustate cajun
dici che ho una risata rossastra & tiranna
domani sarà un martedì
abitato da una rabdomante
la nicotina appena masticata
mi fa pensare
stare dall’altra parte della strada
non è sempre preferibile
fai la bisbetica meditativa
devo tirarne fuori una notizia
catadramma della tua psiche
la signora affranta del destino
volevi chiamare un’autoambulanza
per quello steso su una grata
sotto un semaforo spento
cercando sul taccuino
non hai trovato numeri
ma ingiurie e quella cosa fatta al Kunsthistorisches
la guardarobiera girava nei piani interrati
con un Durer sottobraccio
evidentemente tutto sta
dove uno scrive
quanto hai sofferto
sotto quelli orribili quadri
per essere rimasta della tua opinione
con le gambe tatuate
vagante marcescibile
insistente in una speculazione matricida
leggimi qualcosa & scuotimi
prendimi la matita nera per i contorni
e proclama il manifesto di ottobre
con l’universo dei tuoi autori
quella serie di nomi della letteratura
riparlami di quella signora olandese
che ti disse di scrivere
su quanto ti aveva raccontato
voleva che dettagliassi
l’orrore di un genocidio 1941
farsi una vita & un destino
lontano da qua
prima che i vari blues del qoelet
rovinino.
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