Immagini che frastagliano la mente, come in un gioco di foto sovrapposte.
Così in "Cronache del vissuto inverno", edizioni Acquaviva (191 pagine, 10 euro), Niccolò Alberici scavalca la collina della maturità, affrontando se stesso e le sue esperienze attraverso la narrazione della poesia.
Dopo lo splendido "Blues dell'anima rossa" il nuovo volume di Alberici indaga nella modernità partendo dai colori scuri, dai vizi che la rendono surreale e povera. Le parole si susseguono a volte come pietre scagliate con ferocia, altre volte con un timido distacco. E così basta sussurrare alcuni versi di "Meee": «Sono nato e cresciuto/in una generazione/senza storia né miti» «dovuto imparare tutto/nella mia solita maniera/intensa violenta/stancante seriosa» per sentire il desiderio dell'autore di raccontare di sé. Alberici si scontra senza troppi sofismi con il suo mondo, tra metaforici treni dai sedili non numerati, letti sciupati e le strade di un «paese senza accordatura». Note stonate di un mondo stonato che ha trovato in Alberici un nuovo cantore.
Capace di dare armonia agli spigoli di questo strano mondo.
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