venerdì, aprile 29, 2016

La Famiglia Klimcko, 7







Ero là, come tutte le notti, e tutti le notti con quell’odore in quei luoghi che si chiamano boschi in altre regioni del mondo. Le paludi. Casa. Terra. Acqua. Fango. Animali. Piante. Corpi sepolti. Membra che affiorano. Non spaventatevi di voi stessi. Siete tutti così soddisfatti quando cadete in amore. Con una donna. Poi se ne va. Con un altro. Muore. Se ne va col prete. Col Pastore. Magari, EM Fottuto Klimcko. Avete un difetto. Che è la cosa più facile e basilare del mondo. La fine delle cose. So cos’è la verità. L’ho sperimentata miliardi di volte. Ma voi volete starne distanti, nella vostra casetta di legno del centro commerciale. Voi volete stare nei vostri boschi su misura e vivere come dei piccoli cani su misura. Miserabili. Il bosco è vero. Il vagone 49 è vero. Qui si muore. Qui si muore. Su un treno. Bambini, detenuti, innocenti. Siamo tutti innocenti. La vodka che bevo è vera. Sono troppo consapevole? Io conservo le vostre parole. Parlo per frasi fatte? Vediamo quando mi avete davanti, sulla vostra cara e dolce porta di casa. Voi, la fdk. Famiglia Klimcko. Le due bambine. Intrappolate. Volete che non abbia visto i segni. Vogliate che non senta. Vogliate che non veda. Vogliate che non vi venga in faccia a vedervi. So come uccidere un uomo in fretta. Mi dispiace. E’ il mio addestramento. E’ il mio addestramento. Il mio passato. La mia collisione con il verbo. 14 ore. L’avete fatto prima? Sparare, vivo o morto ad un uomo, una donna? Sto per andare. Sto per venire, Malika. Di cosa parlavamo oggi, quando ci amavamo. Raimond Carver. Le persone. Le stelle nere. Il re giallo. Ho questa donna che vive nei boschi, sola. Nelle paludi. Ed è la cosa più pulita che conosca. Nessun processo. Nessuno che possa accusarla. Nessun vantaggio. La vedo qualche volta al mese. Una scultura buia. Impenetrabile. Di che cosa volete parlare. Di che cosa siete fatti quando siete il niente come voi. Bere come matti e mettersi al volante, ma essere sobri a destinazione.

giovedì, aprile 28, 2016

La Famiglia Klimcko, 6.






L’incidente era avvenuto in un’ora non meglio precisata, si parlò delle 6.41, ma il lasso temporale arrivava secondo alcuni, fino alle 8.52 del mattino, e la scena per la polizia municipale non fu facile, visto che il ventre molle digeriva ancora (caffè pesantemente zuccherato, paste piene di dolcificante, chiamiamole come ci viene più facile, brioches, ciambelle, forse scommesse perse alla corsa dei cani). Il vagone numero 49 era riverso in mezzo alla strada principale. Completamente ribaltato, pessimo presagio e pessima vista il sangue, in parte già rappreso, che colava dalla porta di sicurezza, un sangue nero, fuligginoso, tragico, dannatamente greco. Tragedia Signori - la nascita della. Che cos’è questo mondo che siamo costretti a vivere, a guardare, a ricomporre. Ventisette corpi deformati, dilaniati nelle parti più impensabili. Inerzia. Tre bambini, due gemelli maschi e una bambina, un’estranea. Che cos’è che siamo disposti a fare. In definitiva, non siamo il risultato addizionale delle nostre scelte. Siamo un ammasso di cose non dette, di incidenti stradali, ferroviari. Siamo quella petroliera lunga duecento venti metri che continua a sversare da decenni, per stanchezza. Il prezzo delle nostre quotidiane nefandezze. Il vagone aveva travolto una scolaresca e non aveva risparmiato il bus che trasportava i detenuti. Angeli innocenti e peccatori incalliti. Puro e disposto a salire le stelle, la gloria di colui che tutto move. Questo è lo stato purgatoriale a cui siamo ridotti, questa la nostra destinazione celeste. A quell’ora la biblioteca di stato era chiusa ed il mio impiego, il mio trascorrere le giornate là, era la cosa quanto mai più lontana; nella mia testa, nel mio corpo, nelle mie gambe. Il treno era mezzo vuoto, correndo a velocità ridotta. Dovetti tenere la testa a quella poliziotta. Ansimava. Vomitava. Mi diceva che sentiva montare il sangue nella trachea. Mi trovavo lì, visto che stavo perlustrando l’area, a mio modo, e stavo guardando la città, la mia piccola cittadina di provincia, il mio universo circolare, piatto. Quel giorno volevo chiudermi in un cinema dalle undici di mattina in poi e nel pomeriggio bermi qualche birra al bar di Eveline e quindi succhiarmi vodka ghiacciata mentre la tv avrebbe trasmesso la corsa alle primarie, anche se il risultato era la cosa più docile e scontata del globo terracqueo. La carrozza di testa era stata sbalzata a distanza di una decina di metri. Assistere ad un incidente del genere non è il migliore viatico per un uomo che sta ricominciando. L’ennesima volta. Si dicono tante cose e molte sono inesatte. E loro, I Klimcko. La piccola famiglietta deviata. La loro felicità attraverso i vetri dei finestrini della Mercury. Al posto del bus dei detenuti, al posto della scolaresca potevano esserci loro,  con le loro gioiose, plastiche e gommose facce nella Mercury. Non tanto le bambine, non ho propensioni infanticide. Ma lui, il santone. Il Pastore. La faccia di Ebner Maria Klimcko su tutta la principale.





mercoledì, aprile 27, 2016

Così Coraggiosa




un santo un giorno
un santo
un altro

dai che morirete
tutti
tranquilli

nei vostri letti di saggezza
dai,

che sarete longevi
dai che prenderete una moglie
avrete un segno
chiamato figlio di un altro

questi siamo noi
cuore
fegato intestino
sotto leggi incredibili

(credimi che sono stato con le perle
con le sorelle dorate
e con i porci in definitiva)

che quello che ho visto
mi ha toccato
non mi ha reso migliore

mi ha solo fatto

quello che sono




Animali da Trapianto/Facciamo solo quello che ci dicono



dai che avevo questa ragazza
ve ne avrò parlato
almeno venti volte venti

lei ha tutti nomi di questa terra
i suoi frutti

sogni chiamati
faremo quello che ci dicono

le stagioni sono aperte
e la caccia significa sangue

tutto è pronto
animali da trapianto

nessuno escluso


Entrando in JKS Sq.




entrando in jackson sq.
e c’erano le soliti quattro negromanti

la Signora L.
di cui non posso fare il nome per esteso
Josephine B.
Maureen Alcione
& Susie Munchhausen

una era un po’ mia madre
l’altra mia nonna
l’altra mia zia
& Suz mia sorella

luna a tre quarti
anzi
sette ottavi
sulle pietre prima del fiume

sane e vecchie idiozie come questa
solita vecchia storia

la tenevo per mano
una delle vere ultime volte
che l’avrei vista

ora qui non ne faccio il nome
visto che quelle poche lettere minute
che componevano il suo nome
riempirono le cronache mortuarie locali
per poco meno di una settimana

ogni tanto
quando sono in st. ann
o in pere antoine
mi sembra di averla addosso

la sua ombra è estesa

bevevamo lynchburg lemonade
perdevamo il senso del tempo
ed era mio compito mettere la musica nel juke boxe

la domenica prendevamo la macchina
fino al vecchio juke joint restaurato
e mangiavamo gamberi e pesce cotto a vapore

non dicevamo né facevamo
niente di particolare
o di straordinario

come di solito la gente
pensa di fare
o di essere

tutti così straordinariamente necessari
che di fatto sono inutili

ammetto che qualche pensiero sconsiderato
ed inconfessabile
faceva parte del nostro repertorio

e forse che molti discorsi fatti
erano del tutto inutili
visto che non l'ho aiutata
e che ha fatto quello che ha fatto

la signora L.
a dicembre
mi ha detto

guarda che viene ancora a cercarti
ma non so se la riconosceresti

tu non credi agli spiriti,
giusto?