E’ qui. Qui dove vivo, dove esisto, dove mi sento. L’esistenza non va mai data per scontata. Lo impari, eccome, se lo impari. Altrove sì, ma in posti come questo, lo impari in un modo che non ha pari e diventa qualcosa di irrinunciabile. Potrei, vorrei, utilizzare una terminologia roboante, usare delle parole che possano echeggiare nei secoli e nel tempo interminabile che queste mura imprigionano. Orari stabiliti per vite disciplinate a seguito di sentenze emanate e pronunciate in forza della legge. Il potere costituito dello Stato impersonificato nella figura di un giudice imparziale e terzo, infallibile come la prima conoscenza di ogni individuo: fummo creati a Sua immagine e somiglianza e per tanto non saremo mai liberi. Forse è una conclusione un po’ affrettata, forse il salto è troppo ampio, troppo lungo, ma è questo a cui siamo stati destinati, quello che siamo e a cui siamo chiamati. Dobbiamo adempiere ad un dovere superiore e per quello ci sono Dio, lo Stato e la Famiglia - La Dolce Trinità. E’ tutto dimostrato ed irreversibile, irretrattabile, è tutto scritto. Dio ha i Testi Sacri, lo Stato la Costituzione, la Famiglia il Certificato di Nascita, e poi, prova somma, ha te. Loro hanno te. Non rimane niente da dimostrare e non ci è data alcuna obiezione da eccepire. E’ la fine della ragione, della speculazione, del progresso, della scienza. Tutto si reduce a questo. Dovunque mi volto vedo pareti e volti umani. Sento il vuoto freddo del cemento armato che mi circonda ed il lamento bianco delle persone attorno a me. Dire che per sopravvivere in prigione, bisogna imparare a stare a galla è un’orribile sciocchezza che si può sentire in un film scritto da un’emerita banda di stronzi sceneggiatori di quarta mano. No, cari miei. Qui, nel posto dove vivo, dove io esisto, non si può stare a galla. O emergi o muori. Veniteci voi e provate a stare a galla. Sarei il primo a mettervi sott’acqua ed affondare la vostra testa, bocca e polmoni nel fango più profondo ed asfissiante della palude. Conoscete le paludi? Sapete cosa è veramente una palude? No, nooo? Lo sapevo. Allora di cosa parlate. Ve lo dico io di cosa stiamo parlando, e non quando facciamo l’amore, come scriveva qualcuno, ma di quando si è in prigione. Vedo tutto più chiaramente. Il mio Destino e quelle cose, le ultime cose che hanno a che fare con l'indefinito, che nell'incessante propagarsi dell'universo, è L'eterno. Un uomo è stato dato in pasto ai leoni, ma Dio è il mio Giudice, Daniele 14:1,42. Di solito mi calmo in cappella, lì sto con il Santo e con il Suo Spirito. Il Santo non ha niente di metafisico né di trascendentale: è un pezzo d’uomo, carne ed ossa, alto un metro e novantotto che pesa oltre duecento chili. E’ la mia roccia e su di lui fondo la mia chiesa. Molto più semplicemente, stando ai fatti, mantiene l’ordine mentre faccio lezione agli altri compagni, mentre insegno qualcosa ai detenuti, quelli come me. Già, un detenuto come gli altri. Prima di accettare la pena e di eseguirla, personalmente, su di me, il condannato, ho detto due cose in aula, specificando che sarebbe stata la mia unica e conclusiva dichiarazione spontanea: non sappia la destra ciò che fa la tua sinistra e poiché ho seminato vento, raccoglierò tempesta. Mi hanno guardato come un matto, ma il giudice era sconcertato e mi ha detto che una mente come la mia doveva stare nelle aule di università e non in una cella di prigione - a me piace chiamarla la mia camera, caro giudice emerito. Il Santo oggi è calmo. Ci stiamo fumando le sigarette che mi ha portato mia cugina. Marlboro Rosse selezionate, American Spirit Nere, direttamente da qualche vecchia conoscenza in Louisiana. Quello che ci manca, a me e al Santo, sono qualche birra ghiacciata ed una solida bottiglia di rye. Ma è meglio così, per entrambi, sapendo che la Storia ci accomuna. Ora ci basta del caffè nero e dell’acqua del rubinetto del dispensatore comune. Siamo due anime specchiate, due spiriti illibati, due agnellini, insomma. Ma non siamo sacrificabili, né lo saremo mai.