lunedì, ottobre 27, 2014

Il Racconto di Otto Notti







Notte Prima

Conclusione: una sola, otto notti a New Orleans. Su un manifesto una grafia curva, nera, piena. Vedere il mondo da uno scaffale. Discesa all’inferno per qualcuno. Logiche sessuali spirate sulla pareti di sacrifici creole-ellenisticisti. Domini francesi, spagnoli, tradizioni malevole per il continuare della vita, lo scorrere del pessimismo bianco. La pelle strappata in più punti. Un’occhiata alla faccia delle gente. Una volta potevo fumare e mischiare gli effetti. Vedevo il sorgere di un’impero mentale che aveva la quota fluttuante della strada. La gente, le parole, la gente. Forse le conclusioni sono state troppe, nella mia età che avanza. Le primavere arrivavano e il sole schiantava dopo le quattro. Una nuova possibilità, totale: vagare. Otto notti a Nola è tutto quello che ho da dire. Esplorazioni diurne, consolazioni con una Polaroid del 1968. Una notte di lunedì, qualche sera fa. Devo fare tutto prima del labor day. Poi questa città brucerà, stupidamente. Sono sorto e cresciuto sulle rovine della mia famiglia, vengo da un altro continente. Avrò un rifugio da Molly, come adesso. Una partita equilibrata, potrei dire. Mangerò a tarda notte, in un diner a pochi metri da qua. Morsicherò quello che trovo e parlerò con chi trovo, o non parlerò del tutto. Oppure parlerò da solo nella mia camera d’albergo, vedendo le luci e i movimenti della notte fino al lago Pontchartrain. Poi, vediamo: nient’altro.




Notte Seconda

La decadenza o la sola capacità di considerare la morte un’eventualità inevitabile. Lasciare gli altri affannarsi dietro i soliti schemi e costumi. La sola capacità di adattarsi all’ambiente e venirne fuori malconci e vivi in un altro modo. Una donna con un caschetto nero ride sguaiata ed improvviso a parlarci. Dice che ho un accento francese. E che la mia voce viene dal mio stomaco, dalla mia testa e dal mio naso. Va bene cara, puoi fare di meglio. Il senso della battuta era famigliare. Salutandola le ho detto che ho visto migliaia di chilometri e che animali gravidi correvano nelle radure estreme. Se ne è andata pagandomi un’altra Miller High Life. Posso capire che si parli di anno del signore, si possa tendere a diventare impopolari, ma da dove vengo io, lo abbiamo chiamato così, per più di due millenni. Si diceva sempre in classe: i buoni da una parte, i cattivi in disparte. Era una sorta di rotazione religiosa. Cosa fa la gente nella vita? Fa quello che gli viene più comodo. Ad esempio, a scuola. Se vieni da una famiglia benestante, unita e che si presenta meglio, verrei sempre preso in considerazione. Ma se inizierai a rifiutare il loro linguaggio falso e a contestabile, a provocarli, loro verranno ad impiccarti. Ma non è detto che sempre ci riescano. Gente troppo debole per convinzioni inutili. Continuando. La semplice affermazione “voglio che questo individuo sparisca”  detta in un bar, come mi trovo ora, traslata in “voglio che questo uomo muoia, adesso” viene letta in modo differente, anche se il senso rimane lo stesso: vuoi la sua sparizione. L’orecchio non vedrà più di quanto possa vedere ed abbia già veduto.




Notte Terza

Illusioni al cromo, cromate. Ho visitato industrie. Stavo scattando. Volevano perquisirmi e portarmi dentro. Ci so fare con gli uomini. Al Fritzell’s Club sono soli e pagano l’insolenza del servizio. L’uomo imita. Oggi ho parlato con una famiglia di neri ad Arabi. Guardavamo la televisione, eravamo in un Mc Donald’s. Ci siamo messi a ridere. Mi chiedo da sempre se la gente sia capace di parlare. Le ossa delle braccia, le articolazioni rigirate, le vene andate. I musicisti aspettano, qualcuno sputa per strada e chiama la moglie. Hanno sempre dei cappelli bianchi e delle camicie verdi. Sembra assurdo che certe cose possano capitare qui, a poche miglia dalla costa del golfo e dal bayou. L’unica cosa che mi interessa è andarmene via di qua e proseguire in un silenzio vegetale. Ecco la panacea, ecco lo scudo di pandora. Un incidente stradale. Anni di frustrazione davanti ad un juke box, prima che la torre obliqua cada. Ho appeso la tua stampa nella mia cucina, mi ha detto. E’ una cosa stupenda, così raffinata e bella. Le dico: stai zitta, ora. L' ho appesa anche nella via ieri e qualcuno ha tentato di strapparla dicendo che andava contro il nome di dio. Per fortuna un mio amico l’ha colpito duro alla schiena. E’ crollato. Gli abbiamo detto che nessuno deve toccare le tue stampe su New Orleans. Questa è la nostra città e tu fai parte di noi. Dopo siamo andati al Sazerac. C’erano molte persone. Siamo tornati a casa alle nove. Essere onesti alla fine della giornata non è una cosa da tutti. La strada pendeva a sinistra. E non era per la rivoluzione.




Notte Quarta

Amabili frasi di dimissioni. Il piacere delle cinque meno un quarto. Una stanza in cui le grandi figure scendono e spariscono. Mai stato così bene, mai così solo. Controllo il materiale di ieri. Penso dove posso andare oggi, tra qualche ora. La gente che si sta addosso come cavallette, la gente che si costringe: qua no. Posso dire di avere attraversato il fiume da solo o in compagnia e non verranno mai a chiedermi niente. Tettoie, scantinati, traiettorie. Uomini che hanno smesso di sentire anche l’odio. Miliardi di uomini che non vivono. Da lì è venuta l’idea dei morti viventi. Donne vinte dalla lotteria, deboli, inutili e affascinate dai serpenti che temono. Da piccolo, in campagna, assassinavo e scuoiavo qualsiasi animale incontrassi. Ero nella casa di mia nonna. Mi alzavo ed ammazzavo. Mi sembrava una cosa giusta. Erano animali senza alcun senso. Non erano cervi sacri. Parlo di animali di nessun conto. Bruciavo arbusti, guardavo nel cielo. Per disegnare usavo gli astucci che mia madre e mia zia avevano da bambine. Giravo il collo, ogni tanto. Non sapevo andare in bicicletta. Ogni giorno mi mettevo su e mi buttavo giù per il viale. Una volte finii pieno di spine. Un coerente quadro vitale: fughe, spine da estrarre, velocità, dolore, anche se volevano convincermi dell’opposto o solo di altro.




Notte Quinta

Essere dispersi, la voce di una donna che dice che le mie ossa verranno trasportate dove voglio. Non volevo vedere niente. Solo chiudere. Ma quello mi era venuto nel fianco ed non avevo l’agilità di una volta anche se avevo aumentato la robustezza. Guardavo. Guardavo lui che mi stava arrivando e nel fianco. Sono riuscito a fare un po’ di retromarcia. Era sangue. Per molto non avrei camminato. Avrei guardato lo stesso scenario da un letto. Ma non avrei lasciato nessuno a terra. Questa era solo una fantasia notturna, una stravaganza senza fine. Sono andato al Nith Ward a piedi. Una striscia scura che curvava e piombava il cielo e forse per questo, mi sono messo a pensare agli spiriti ed in un certo modo a Dio, di rimando. Congetture atomistiche corrose all’alba di un nuovo discorso, inghiottite da una traiettoria immodificabile del Mississippi ed un’unica credenza permane, ultra-dogmatica, viscerale, oltre ogni possibile considerazione concepibile dalla mente umana: ESISTERE. Al Ninth Ward l’aria era lugubre, dolce, identica a se stessa da almeno quattro secoli, qui dove Katrina ha mangiato, ingozzandosi, strozzando vite, impossessandosi di quello che rimaneva dei corpi: gli organi vitali. Cavi dell’alta tensioni che corrono per centinaia di metri, neri, grigi, imbrigliati, impuntati. Bidoni in ferro piantati come totem, la cui unica sembianza sembra la mutabilità violenta delle ombre. Giro i piedi nel Ninth Ward e punto il Vieux Carré. 





Notte Sesta

Al Le Booze del Royal Onesta c’è un grosso nero che balla dietro al bancone. Il bar è vuoto e non sono più forniti come una volta. E’ una cosa che mi lascia spiazzato. Domani sarò ad Algiers e c’è una ragazza creole che conosco che ha il corpo malva e gli occhi azzurri, verdi e ramati. Andremo per cimiteri. Vuole presentarmi la sua famiglia. Recinzioni scolorate, slabbrate, in via d’estinzione. Altoparlanti alimentati dalla corrente elettrica che arriva dalla diga. Il deflusso dell’acqua e la devastazione del fulmine. Una nervosa precisione che rimanda alle parole dei padri costituenti del caos. I giorni della presa della pioggia. Su Burgundy il tragitto chimico di alcune giovani promesse. Un ragazzo sta fuori da un parcheggio e cerca di dirigere direzionando il traffico. Vuole fare quanti più soldi possibile in una notte. Fa schioccare la lingua di continuo. L’arrotola e la slancia come una fionda israelitica e fa dei fischi che sono simili alle grida saline del Mar Morto. La gente sta arrivando in città per la partita dei Saints. Molti hanno la maglia di Drew Brees, con un nove squadrato stampato nella schiena. Hanno vinto il Super Bowl nel 2009. E’ stato un riscatto da Katrina. Almeno qui l’hanno vissuto così. Quello che è buono, è buono, mi dico.





Notte Settima

Le parole si stanno esfoliando. Così anche alcune zone del mio corpo. L’epidermide linguistica. Vedo davanti a me le migliaia di libri che ho letto in circa dieci anni. Quelli prima, si possono dimenticare. Negli ultimi tempi sto perdendo il concetto di quanto ho letto. Prima hanno iniziato a sbiadire i classici di cui non ho mai avuto una grande opinione. Poi i moderni ed i postmoderni. I testi di poesia e quelli di teatro. Compravo testi di teatro autoctono. Mi chiudevo in delle stanze per lunghe sessioni di lettura, studio, comparazione. Il mistero della lingua. La circolarità dell’espressione mutevole dei nostri intenti. Ampie divisioni provenienti da collisioni stellari accadute in buchi neri distanti nel tempo e nello spazio. Dei punti incollegabili tra loro. Alzare la testa e buttarsi nel rosso sfrenato delle insegne luminose degli hotel. Altezza: quasi duecento metri. Una cosa inguardabile, al tatto.





Notte Ottava

I giorni sono stati compressi in queste otto notti. Compressi dalla pietà di questi territori e dalla mia volontà. L’origine di questa volontà non è rivelabile. La polizia arresta qualche criminale per rendere la vita più dolce nelle strade. Questi ufficiali in divisa, impettiti in un blu reggimentale, tirano le file della rettitudine. Le balconate in fiore rivelano la loro caduta con una colorazione incipiente. A terra, collassando, un muro. Preghiere inascoltate dal fronte di un bancone di una reception dello Sheraton Hotel, in Canal St. E’ solo la fine di un altro venerdì e bisogna decidere. Scene: una donna è stata borseggiata e rimane in lacrime in mezzo al marciapiede; un uomo è inchiodato al telefono e chiama la propria famiglia che vive in un altro Stato; nessuna altra peculiare follia documentabile. Il sabato si comporrà di monete che penetrano in scatole metalliche tenute in mano da mendicanti in doppiopetto, causando danni e ferite che saranno documentati nelle cronache di domani. Il blu si fa sul nero. E’ una tendenza trasformatrice. La riscossa della perfidia tipicamente occidentale. Una grande falce volteggia isterica sopra i tetti piani come una dichiarata vendetta incrociata. Braccia bronzee con bracciali mesopotamici. Un mattatoio abbandonato indirizza le marce di uomini in cerca di lavoro. Treni merce abbandonati per il fine corsa in piena invasione desertica. Il mondo mette alla prova i suoi abitanti.




















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